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29 Dicembre 2024Il narcisismo nell’era del virtuale
Narciso, il giovane che si innamora del proprio riflesso in uno specchio d’acqua è una figura che attraversa i secoli, dal mito greco all’attualità. Ma perché utilizziamo questo termine parlando di qualcuno che appare eccessivamente concentrato su sé stesso? Oggi, nell’era digitale, ci troviamo di fronte a nuovi “specchi”: gli schermi dei nostri smartphone, i social network e le piattaforme virtuali. Ma cosa succede quando questi riflessi diventano il centro della nostra identità e delle nostre relazioni? Per approfondire questo tema e comprendere meglio il fenomeno del narcisismo nell’epoca del virtuale, abbiamo con noi lo psicologo Sergio Teglia, che ci guiderà in una riflessione su come il mito si traduca nella realtà contemporanea.
Dottor Teglia, come definisce il narcisismo e in che modo questo è mutato con l’avvento dei social media e delle piattaforme virtuali?
Il termine deriva dalla mitologia greca. Si racconta che Narciso fosse un bellissimo giovane figlio di una ninfa e del dio Cefiso. Talmente bello che, rifiutando persino l’amore di una ninfa delle montagne, finì per morire d’inedia passando il suo tempo a specchiarsi nelle acque di un fiume. Narciso simboleggia quindi il piacersi molto. E anche se una giusta dose di volersi bene è un fatto di per sé non negativo, occorre però definirne i parametri. Esiste sul Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM5) la diagnosi di “disturbo narcisistico di personalità” con la quale si descrive il quadro patologico di un individuo caratterizzato dal senso di grandiosità riferita a se stesso con un continuo bisogno di ammirazione e lode. Persone quindi che hanno un’enorme dote di egoismo, presunzione, vanità e una pressoché totale mancanza di empatia e sensibilità verso gli altri. In estrema sintesi, “loro” prima di ogni cosa. E oggi i tratti narcisistici di personalità sono notevolmente aumentati, in particolare a seguito dell’avvento del virtuale.
Quanto incide sui nostri comportamenti narcisistici la necessità di “condividere” continuamente?
Confermo che un giusto amore verso se stessi va bene, ma devo anche dire che quando questo è eccessivo o risulta legato al continuo bisogno di ammirazione, attenzione e gratificazione da parte degli altri, come può avvenire nel caso di un uso quasi compulsivo dei social, ecco che è stata raggiunta la soglia di attenzione. In questi casi parliamo anche di “narcisismo digitale”, rilevabile quando queste tecnologie vengono utilizzate pressoché unicamente per soddisfare i propri bisogni di apparire ed essere continuamente apprezzati, cosa che spesso non si è in grado di progettare o realizzare nella vita reale, in pratica iper connessi unico modo per stare bene.
Esistono segnali che possono aiutarci a distinguere un sano bisogno di approvazione da una deriva narcisistica?
Mi piace rispondere introducendo ai nostri lettori il concetto di “narcisismo sano”, tipico di chi è attento ai propri bisogni, ma tiene anche in debito conto quelli degli altri. Il punto principale e distintivo tra questi e i veri narcisisti è dato dall’avere o meno un buon dialogo interiore con se stessi. In caso positivo il narcisismo non esiste, in quanto l’uso del virtuale non è basato esclusivamente sul dover ricevere indietro, ogni volta che pubblicano qualcosa, una valanga di like (mi piace). Altra cosa è il narcisismo digitale del quale abbiamo parlato poco sopra e che oramai colpisce indipendentemente dall’età del soggetto. Questo è caratterizzato da alcuni elementi che la persona ripete in maniera ossessiva quali selfie (fotografie scattate a se stessi) spesso relativi anche alla propria intimità, da condividere in rete con l’unico intento di “essere visti”. Oppure dalla modifica ossessiva della propria biografia e dalla necessità assoluta di essere sempre “connessi” in Internet; se salta o manca la connessione possiamo avere stati ansiosi anche molto forti (nomofobia). E ancora il considerarsi i migliori, l’essere convinti di non sbagliare mai, l’additare agli altri qualsiasi colpa, il sentirsi unici ed eccezionali, oltre a dare eccessiva importanza al proprio aspetto fisico. Tutto questo può sfociare persino in una forma di narcisismo patologico, cosa che può accadere più facilmente alle persone insicure, immature e con ridotta autostima. Ho citato Internet e ne approfitto per fare una distinzione tra questo e uno dei suoi prodotti che sono i social oggi tanto criticati. È difficile pensare che uno strumento così importante possa aver dato vita a dei meccanismi, che in determinate persone, possono portare a un suo uso completamente distorto e persino deleterio.
In una società che valorizza l’apparenza, il narcisismo virtuale può influenzare le relazioni reali? Se sì, in che modo?
Purtroppo sì, al punto che si può arrivare all’annullamento di ogni tipo di relazione, perché i narcisisti sono solitamente arroganti, esibizionisti e alla costante ricerca di approvazione, ammirazione e questo avviene oltre che nei social anche nella loro vita reale. Aggiungo che un recente fatto tragico, e mi riferisco alla pandemia da Covid, ha dato spazio nel mondo virtuale a molte persone che con l’iper connessione e con la continua ricerca dei “mi piace”, sono giunti persino a sostenere pareri, appunto sulla pandemia, alquanto discutibili, ripeto, certi del loro aver sempre ragione e del capire più degli altri. In ultimo, rifacendomi alla domanda, inserisco anche il tema della solitudine che spesso attanaglia queste persone che affidano a una tastiera e a un video tutto il loro mondo, rapporti reali compresi, creandosi un’immaginaria vita parallela, molto fragile difronte ai sicuri dolori della vita.
Quali strategie possiamo adottare per non cadere nella trappola del narcisismo digitale, specialmente nei giovani?
Quella principale è l’arma della prevenzione, parola che sembra purtroppo passata di moda. E con prevenzione intendo un’educazione data ai figli basata sul concetto della loro positività così come sono, cosa questa che contribuisce alla formazione dell’autostima e al consolidarsi di una salda formazione basata su corretti rapporti sociali. E ancora, come sono solito ripetere, dando con i fatti l’esempio ai figli di come vada affrontata e condotta la vita, facendo in tal modo comprendere l’importanza anche di un “no”, di una rinuncia, di un sacrificio e di un’attesa. E difficilmente un giovane educato a capire, ad amare la natura e i suoi piccoli segreti, a comprendere i bisogni degli altri e ad accettare se stesso e i propri limiti cadrà nella trappola del narcisismo, dell’apparire a tutti i costi e dell’uso indiscriminato del virtuale.
In un mondo in cui l’immagine spesso sostituisce la sostanza, questo incontro con il dottor Teglia ci ha fatto comprendere come il narcisismo digitale sia divenuto una delle sfide più insidiose dei nostri tempi. Le piattaforme social, pur offrendo positive opportunità di connessione e visibilità, possono facilmente trasformarsi in un palcoscenico dove la ricerca di eterna approvazione diventa il fine talmente anelato da trasformarsi nei casi più gravi in vere e proprie patologie. Il rischio è che, immergendoci in questo vortice, si finisca per perdere il contatto con la nostra essenza più profonda, confondendo l’immagine che proiettiamo con chi siamo veramente. In questo contesto e stimolato da quanto ci ha detto il nostro esperto, mi piace citare le parole di Erich Fromm (psicologo e filosofo tedesco) con questa frase che ho trovato andando sul web: “L’amore non è un sentimento che ci prende, è una pratica che si costruisce giorno per giorno.” E così come l’amore per gli altri, anche l’amore per noi stessi deve essere radicato nella realtà e non nel riflesso di uno schermo o dei fatui apprezzamenti che riceviamo in risposta a tutto ciò che pubblichiamo.
Grazie per averci seguito
Enrico Miniati