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3 Novembre 2024Oggi trattiamo due facce di una stessa medaglia: adozione e affido dei minori. Se vogliamo, una storia antica, e un presente complesso e articolato. L’adozione e l’affido dei minori – o comunque il prendersi cura dei figli di altri – possiamo affermare che siano pratiche tanto antiche quanto l’umanità stessa. Dall’antica Roma, in cui l’adozione rappresentava un mezzo per trasmettere il patrimonio e garantire la continuità del nome familiare, fino alla concezione moderna, queste scelte sono profondamente mutate, ma pur con i dovuti cambiamenti, ciò che resta immutato è l’obiettivo: dare a un bambino una casa, un futuro e, soprattutto, amore e stabilità. “Non importa quanto si dà, ma quanto amore si mette nel dare”, diceva Madre Teresa di Calcutta. Oggi, tra nuove leggi, famiglie mutate nei rapporti e nella composizione e sensibilità sociali più sviluppate, il tema dell’affido e dell’adozione è diventato un terreno ricco di sfide e riflessioni. Attraverso l’incontro con il nostro esperto, ci addentreremo in questo universo cercando di comprendere cosa significhi, in fondo, offrire una nuova opportunità a un bambino.
Dottor Teglia, vuole innanzitutto chiarirci quali sono le principali differenze tra affidamento e adozione?
Iniziamo dicendo che sono entrambi provvedimenti che si adottano a vantaggio di un minore per il suo benessere fisico psichico e sociale (cito l’OMS) e per garantirgli il sano e armonico sviluppo della personalità, quando la situazione in cui versa (famiglia d’origine e luogo e condizioni in cui vive) viene considerata dai Servizi a ciò preposti pregiudizievole per il suo sviluppo. Ed è bene precisare che sono due azioni totalmente diverse.
L’affido è un allontanamento temporaneo per un periodo massimo di 24 mesi (anche se alcuni casi particolari di affido possono trasformarsi in atti di adozione Legge 173 del 2015), il cui obbiettivo è di mettere il minore in una situazione di sicurezza presso una famiglia affidataria che deve sapere come questo provvedimento è a termine. Nel frattempo, sempre i Servizi preposti: Servizio Sociale, Neuropsichiatria e Psicologia lavorano sulla famiglia d’origine nel cercare di recuperarne la competenza psicoeducativa, sanando le difficoltà che sono state la causa della momentanea difficoltà nell’accudimento del minore. Questo, in osservanza della Legge 28 marzo 2001 n° 149 “Diritto del minore a una famiglia” che mette al primo punto proprio il diritto che il minore ha di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.
L’adozione invece è una soluzione definitiva e permanente che trasferisce completamente i diritti/doveri genitoriali sul minore a una nuova famiglia, della quale diventa un componente a tutti gli effetti acquisendone il cognome e togliendo a quella originaria ogni patria potestà e con la quale cessa ogni tipo di rapporto. Le adozioni passano dal Tribunale dei Minori mentre l’Affidamento può essere anche consensuale o, anch’esso sancito dal Tribunale dei Minori.
Quali soggetti professionali intervengono prima, durante e dopo le procedure di allontanamento di un minore dalla famiglia biologica?
Teniamo ben presente che togliere un bambino alla famiglia d’origine è sempre l’ultima soluzione da adottare quale intervento a sua tutela (anche se nel caso dell’affido questo avviene in forma più leggera in quanto i rapporti con la famiglia vengono mantenuti per tutto il periodo dell’affido). Per questo le sue condizioni psicologiche, morali ed educative devono essere valutate in maniera approfondita. Per fare questo tipo di operazione, oltre ai Servizi Sociali, occorre l’intervento di personale specializzato, quali neuropsichiatri e psicologi atti a valutare con professionalità e competenza la condizione psicologica ed educativa del minore, oltre a verificare che affidatari o adottanti abbiano le necessarie caratteristiche motivazionali e diano le più ampie garanzie rispetto alle capacità di accoglienza di un minore. Ed è bene precisare che, sia pur in maniera diversa per quanto attiene all’affido, le famiglie interessate dovranno essere messe al corrente che non saranno tutte rose e fiori e che il supporto dei Servizi dovrà, almeno all’inizio, occupare un ruolo importantissimo.
Quali sono i requisiti necessari per diventare genitori affidatari o adottivi?
Per quanto riguarda l’affido, possono essere affidatari coppie con o senza figli, sposate o conviventi, persone singole e comunità a dimensione familiare che abbiano frequentato un percorso di formazione o sensibilizzazione. Non occorre quindi avere requisiti particolari di reddito o tenore di vita. Rispetto a come viene valutata la richiesta, faccio diretto riferimento al Protocollo di Milano del 2012, un documento redatto da un gruppo di psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, avvocati e magistrati, nato con l’obiettivo di fornire una serie di linee guida per la consulenza tecnica in materia di affidamento dei minori. Direi comunque che, sempre a seguito di un attento lavoro da parte dei Servizi predisposti, per diventare affidatario o adottivo è necessario, oltre ad avere disponibile uno spazio nella propria casa e aver vera motivazione alla genitorialità (funzione di accoglienza), la capacità affettiva e la determinazione necessaria per accompagnare e sostenere nell’arco della giornata un bambino o un adolescente (funzione protettiva), aiutandolo a sviluppare le proprie capacità, valorizzandone i lati positivi(funzione di autonomia). Elemento basilare è poi la funzione genitoriale normativa: un bambino ha necessità di sapere quello che può e quello che non può fare.
Relativamente all’adozione vi sono condizioni più stringenti rispetto a chi può farne domanda. Per citarne una su tutte, ad esempio, è l’essere membri di una famiglia unita in matrimonio da almeno tre anni, oltre, ovviamente a essere ritenuti idonei a educare, istruire ed essere economicamente in grado di mantenere i minori che si intendono adottare. E, aggiungo, che nel caso dell’adozione è basilare l’intervento di esperti e psicologi che fungano da supporto e diano la massima informazione su quelle difficoltà o criticità che potrebbero in seguito insorgere.
Quali sono le principali sfide emotive che i bambini adottati affrontano nel passaggio tra la famiglia biologica e quella affidataria o adottiva?
È facilmente comprensibile che un’importanza rilevante l’assume l’età del minore quando l’evento si verifica. Un bambino nella prima infanzia (entro i due anni) presenta difficoltà di inserimento molto diverse da bambini più grandi. Fondamentale sarà il sentirsi accolto, mentre per i nuovi genitori ci vorrà la consapevolezza che tutti, anche loro, avranno bisogno di tempo per adattarsi alla nuova situazione. Certo è che ogni cambiamento comporta sempre una percentuale di stress: un bambino può quindi essere coinvolto in emozioni che possono spaziare dalla paura alla rabbia, sentendosi frustrato, insofferente, spaventato o confuso e dimostrare per questo disturbi comportamentali (difficoltà nel dormire, rifiutare il cibo o il contatto fisico con i nuovi genitori). E ancora una volta appare indispensabile un supporto psicologico e psico educativo continuativo.
Supporto alle famiglie affidatarie e adottive: che tipo di formazione dovrebbero avere gli addetti al settore?
Fondamentale ritengo sia l’avere una preparazione culturale, formativa e “clinica” adeguata. Poi il sapere molto sulle varie fasi della vita, le caratteristiche e le possibili distorsioni che vi si incontrano e, basilare, possedere la capacità di saper comprendere e valutare quali sono motivazioni e aspettative delle famiglie richiedenti l’affido o l’adozione. Importantissimo è il saper poi offrire un adeguato supporto psico educativo alle nuove situazioni familiari e, nel caso dell’affido, sviluppare, mettere in atto e valutare il percorso di recupero della famiglia d’origine.
L’impatto delle nuove strutture familiari: come vengono considerate oggi le adozioni da parte di famiglie considerate non tradizionali, come coppie omosessuali o single?
La norma in Italia non prevede la possibilità di adottare minori per i single (anche se possono verificarsi particolari eccezioni) e per le coppie omosessuali. Occorre aggiungere che è materia questa in continua evoluzione e conseguentemente mi è difficile dare una risposta completa in quanto le variabili e le relative valutazioni possono essere numerose, così come occorre riconsiderare il concetto stesso di famiglia, oggi soggetto a modifiche e nuove interpretazioni. Per farlo, sempre alla luce delle attuali leggi italiane e normative europee, occorre certamente un esperto in tema di diritto della famiglia. Cosa certa è che sempre più spesso sono i Tribunali dei Minori a dettare con le loro sentenze queste nuove linee guida. Per concludere dobbiamo evidenziare come un buon numero di ricerche scientifiche affermino come l’orientamento sessuale dei genitori non influenzi in modo negativo lo sviluppo psicologico degli eventuali figli.
Come è facile comprendere quello dell’affido e dell’adozione è un tema complesso, che richiede un’attenta riflessione su molteplici aspetti legali, psicologici e sociali. Proprio per questo, volutamente, in questa intervista abbiamo solo accennato a questioni che meriterebbero ulteriori approfondimenti, dai requisiti necessari per diventare genitori affidatari o adottivi alle sfide emotive affrontate dai bambini e dalle famiglie coinvolte. Quella che vi presentiamo è pertanto una panoramica che speriamo possa servire come base per comprendere sia l’importanza di queste scelte che l’impegno e la sensibilità che esse richiedono. Punto fermo da tenere sempre ben presente è che adozione e affido sono cammini molto diversi, ma entrambi puntano a offrire a ogni bambino la possibilità di crescere in un ambiente sicuro e accogliente.
Grazie per averci seguito.
Enrico Miniati