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10 Marzo 2024L’argomento di cui parleremo oggi assieme al dottor Sergio Teglia, per qualche strano “viaggio” della mente, mi ha riportato alla memoria La canzona di Bacco (il titolo è proprio questo), la cui celeberrima prima strofa, universalmente conosciuta: «Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.», esprime, quasi fondendoli assieme, la consapevolezza della fugacità del tempo e l’invito a godere le gioie del presente. Cos’ha tutto questo a vedere con la mente e con il corpo? Apparentemente non molto, ma, se proviamo a pensarci, ci renderemo conto che il “carpe diem” che quella canzone rappresenta, possiamo abbinarlo all’intera nostra esistenza, sempre che, beninteso, le varie fasi della vita siano da noi gestite, e vissute, con interesse e discernimento. Seguiamo dunque il nostro esperto, e proviamo a scoprire se quanto ho scritto ha una qualche ragion d’essere.
Dottor Teglia, oggi parliamo di mente, di cura del fisico e del loro perfetto binomio.
Partiamo accennando a Decimo Giunio Giovenale, poeta romano del I secolo d.C. e autore della frase, rimasta scolpita nei secoli, che utilizziamo come base per il nostro incontro. Quanto a mente e corpo, teniamo ben presente che non sono per niente due mondi separati, ma che si influenzano reciprocamente, sino a diventare spesso un tutt’uno, composto, se vogliamo assegnare dei numeri, da una percentuale del 30% per la mente e del 70% per il corpo. Anche Sigmund Freud, neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, già nel 1895 dava molta importanza al corpo, definendolo il luogo dove si esprime la mente. Prova è che spesso alcuni disturbi che accusiamo (mal di testa, problemi intestinali, eccetera) dopo visite ed esami con esisti negativi rispetto a qualche patologia organica, risultano essere invece collegati a problemi psicosomatici causati da eventi o esperienze negative e dolorose. In questi casi si dice che è il corpo che prende la parola, o se vogliamo, che la mente comunica attraverso il corpo. Ed ecco che in questi casi è consigliabile ricorrere a uno psicoterapeuta che provi a risalire alle origini del problema. Aggiungo ancora due frasi; quella di un anonimo che a me piace particolarmente: “tutto ciò che la tua mente non risolve, il tuo corpo lo trasforma in malattia”, e una di Socrate, filosofo greco del 300 a.C. che, anch’essa, è in linea con tutto quanto detto: “Guai a quel medico che cura il corpo senza aver curato la mente, giacché da essa tutto discende“.
Sono stati citati personaggi che hanno vissuto in epoche lontanissime tra loro, ma che sono giunti con l’osservazione e l’esperienza a medesime conclusioni. Tutto ciò ha valore ancora oggi?
Certamente, anche se io penso che la società post industriale abbia creato un poco di confusione su questo argomento, assegnando un altissimo valore al ruolo della mente ridimensionando quello del corpo. Oggi tutti siamo estremamente “avanti” dal punto di vista cognitivo, basti pensare alle grandi possibilità che la tecnica ci offre, alla realtà virtuale, alle distanze pressoché azzerate, alla cosiddetta IA (intelligenza artificiale), a tal punto che restando seduti possiamo “comunicare” con chiunque e “viaggiare” in ogni luogo senza spostarci di un millimetro, tanto che il corpo diviene quasi un fardello.
La conseguenza è che questo invia, attraverso vari disturbi fisici, i suoi segnali negativi, ricordandoci che non può essere solo la mente ad avere il sopravvento, ma che una sana attività fisica e motoria è necessaria per riposizionarci in equilibrio. E ciò vale in maggior ragione per quella che comunemente è definita la terza età, uno dei nostri argomenti odierni.
E a tale proposito, cosa s’intende per terza età?
A me piace molto la divisione che fanno gli autori anglosassoni, che parlano di terza età dandole inizio dai 65 anni, facendone però tre ulteriori suddivisioni: “anziani giovani” fino ai 75 anni, “anziani anziani” sino agli 85, e infine i “grandi vecchi”. In generale l’inizio della terza età non ha un preciso limite anagrafico, ma spesso coincide con il pensionamento, inteso come perdita di un ruolo attivo all’interno della società. E in effetti è questo un momento delicatissimo per la psiche, in quanto, dopo la cessazione dell’attività lavorativa, a un primo periodo di euforia, una specie di luna di miele, segue, quasi sempre, uno carico di frustrazioni e domande quali ad esempio: e ora cosa ne faccio di tutto questo tempo libero? E questo accade particolarmente se in precedenza si è focalizzato tutto il nostro interesse sul versante lavoro.
Quali fattori aiutano ad avvicinarsi in forma fisica e mentale a questa nuova stagione della vita? E quali consigli possiamo dare per un sereno approccio alla terza età?
Parlando di post pensionamento, la soluzione è reagire, cercando nuovi motivi di interesse e occasioni di socializzazione, e a tale proposito, come già fatto più volte presente, non mi stanco mai di consigliare il variegato mondo del volontariato.
Riguardo invece al mantenere attivi mente e corpo, dando per inevitabile il loro fisiologico lento declino, è certamente possibile provare a “spalmarlo” il più possibile nel tempo, dando spazio alla cura del fisico, stando ancor più attenti all’alimentazione, facendo attività motoria o anche attraverso piccoli cambiamenti d’abitudini e d’aspetti esteriori quali ad esempio l’abbigliamento. Relativamente alla mente, dobbiamo sforzarci di pensare positivo, riflettendo sul fatto che la terza età propone comunque davanti a noi un ampio lasso di testo. Spazio quindi agli interessi personali, alla lettura, alla cultura. All’imparare qualcosa di nuovo, che sia da stimolo a nuove esperienze, e per questo, ad esempio, esistono in varie città le Università per la Terza Età.
E ancora, rimanere sempre aggiornati su tutto quanto ci circonda, leggendo, informandoci, utilizzando con discernimento Internet e i canali social se questi ci stimolano.
Il consiglio però a cui tengo veramente molto, è invitare i nostri lettori che si trovano in questa fase della vita, a uscire dalla propria “confort zone”, lo stato mentale della persona che agisce in assenza di preoccupazioni, con un livello di prestazioni costanti, senza particolari stimoli se non quelli dettati dalla routine. Questo perché si tratta di una fase nella quale spessissimo si confonde il concetto di sicurezza con quello di piattezza, per niente stimolante a livello cognitivo e neuronale. A volte, come accennato, bastano pochissime cose per innescare nuove abitudini e nuovi stimoli. Dal cambiare percorso per raggiungere un luogo abitudinariamente frequentato, a un diverso taglio di capelli, e così via. Dare insomma alla “confort zone” la possibilità di ampliarsi, conquistando mentalmente e fisicamente nuovi territori e nuove socialità. Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di mettere in atto il decluttering, che significa letteralmente “rimuovere oggetti non necessari”, sgombrare, riordinare per guadagnare nuovo spazio, in casa e nella mente. Liberarsi di ciò che non serve, ma che è lì, nascosto in qualche armadio da tantissimo tempo, finisce per diventare una forma di liberazione, di disciplina mentale, di alleggerimento della vita quotidiana. Di ulteriore spazio per nuove cose e nuove emozioni.
Cosa significa essere anziano ai giorni nostri?
Partiamo da un dato di fatto: anziano non vuol dire essere di colpo diventato un incapace, svalutando così la persona in base all’età (ageismo). Solitamente, nella fase della terza età, oltre che anziani, si può essere anche nonni (o zii). Questo stato, che in psicologia dell’età evolutiva è chiamato nonnità (o ziitudine), viene considerato oggi come una nuova figura educativa e, per chi accetta serenamente questo ruolo (evitando magari di farlo a tempo pieno), è un qualcosa di estremamente gratificante, a differenza di ciò che accade quando essere chiamato (o considerato) nonno è associato solamente all’età. Questo perché il concetto dell’invecchiare è difficile da portarsi addosso. Il mio consiglio è invece quello dell’accettarlo in maniera attiva, del rendersi conto che è un processo naturale vedere i capelli diventare bianchi, che arrivino le rughe e alcune piccole défaillance fisiche e di memoria (cosa del tutto naturale). In parole povere, del comprendere che è semplicemente il tempo che passa. Ciò che non dovrebbe invece passare è il gusto dello scoprire, di provare ancora entusiasmo, piacere, e, perché no, nuove emozioni, anche sentimentali.
Finisce qui l’intervista con il dottor Teglia, che ci ha offerto una prospettiva illuminante sulla connessione tra mente e corpo, e sull’importanza di prendersi cura di entrambi per vivere appieno la terza età. Mediante le sue citazioni e il relativo immaginario viaggio attraverso la storia e la filosofia, abbiamo compreso che un concetto antico come “mens sana in corpore sano” mantiene ancora oggi una rilevanza fondamentale. Ci ha inoltre fornito preziosi consigli su come affrontare con serenità e vitalità questa fase della vita, incoraggiandoci a mantenere un equilibrio tra attività fisica e mentale, e ad abbracciare attivamente il processo di invecchiamento come parte naturale della nostra esistenza. In definitiva, ci ha ricordato che una mente sana in un corpo sano è la chiave per godere pienamente della terza età, coltivando la curiosità, l’entusiasmo e la gioia di scoprire nuove esperienze.
Grazie a tutti voi per l’attenzione.
Enrico Miniati