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Qualcosa che porta due parti a guardarsi negli occhi, inevitabilmente.
Incontrare anche noi stessi, la nostra anima, le nostre paure più profonde.
Una parola piena di significato, che di poco è cambiata nel tempo (dal tardo latino incontrare, derivazione dell’avverbio incontra). Forse perché è così potente che non aveva bisogno di essere storpiata, contratta, distorta.
“Incontri” è il titolo del libro scritto dalla Dottoressa Marina Zampolini Agnoli. Una serie di racconti (romanzati) di una psicoterapeuta e dei suoi pazienti. Lei, importante psicologa che ha operato per la maggior parte della sua carriera nel servizio pubblico sanitario, ha deciso di raccogliere queste brevi storie in un’unica pubblicazione. Infatti, originariamente, venivano proposte all’interno del periodico “Leopardi News Letter” e da qui la ricerca di una parola unica che potesse essere la cornice di un quadro dipinto dai protagonisti con i colori dei propri tormenti interiori.
La Dott.ssa, con questo titolo, ha lanciato un messaggio importante: “Con il termine “incontri” volevo suggerire che la forza terapeutica non è solo un confronto gestito in maniera tecnica – anche se ovviamente ci deve essere la competenza professionale – ma che il miglioramento, l’apertura, passa anche attraverso la relazione fra le due persone. E’ un canale un pochino più sotterraneo, ma è molto importante”.
Le storie cliniche, frutto dell’esperienza e dell’immaginazione di Marina Zampolini, portano il lettore a riflettere sulle problematiche sociali, culturali, esistenziali e spirituali.
Ogni racconto, ogni paziente, sono prima di tutto anche ricordi: “La scelta dei casi su cui lavorare, seppur romanzati, è avvenuta proprio sulla base della forza del ricordo che avevo. Alla vivacità dell’esperienza, oppure alla drammaticità o anche ai tipi, molto particolari. Quindi quello che mi ha colpito più profondamente come persona, prima che come psicologa, e che quindi ho pensato che potesse interessare anche ad altre persone”.
Si parla di amore, come nella storia di Federico e la sua (non) gobba: “Nel racconto l’amore entra come chiave di svolta della situazione, l’intreccio dei bisogni complementari permette a questa relazione di sbocciare e li aiuta entrambi a superare le proprie difficoltà. C’è la sofferenza iniziale poi però c’è il riscatto, la salvezza attraverso l’amore”.
Si parla anche di spiritualità, un tema poco trattato in ambito psicologico/psichiatrico, ma che specialmente in situazioni difficili non possiamo fare altro che chiederci “cosa c’è dietro l’angolo”, qual è il senso della vita. E nella storia di Lisa, della sua leucemia e della sindrome del sopravvissuto c’è proprio questa riflessione: “In questa storia la protagonista vede la malattia come una maledizione, si interroga sulla fede, il ruolo di Dio nella vita degli uomini; su tutti questi aspetti che sono importanti perché – come spiega la Dottoressa – la trama esistenziale è quella che ci guida e che è un po’ il canovaccio su cui noi poi possiamo andare a ricamare. La parte spirituale sì, è molto molto trascurata in campo psicologico, ingiustamente”.
Questo libro può anche essere l’occasione per guardarsi dentro, magari riconoscendosi in uno dei racconti, perché magari abbiamo bisogno anche noi di aiuto. Ma è innegabile che in Italia esistono forti pregiudizi, come conferma anche la Zampolini: “C’è una mentalità culturale per cui andare in psicoterapia non è ancora visto tanto positivamente, si ha paura del giudizio degli altri”. La reticenza avviene anche quando, in caso di patologie più importanti o che richiedono l’assunzione di uno psicofarmaco. Infatti le persone sono terrorizzate dall’idea di essere “matti”, mentre talvolta risulta necessario anche per impostare un percorso psicoterapeutico efficace: “Ci sono un po’ di pregiudizi. Lo psicofarmaco, spesso, invece, crea le condizione per cui possa nascere ed essere impostata una relazione psicoterapeutica”, spiega la Dottoressa. In Incontri viene raccontato l’episodio di un ragazzo, Giampaolo, chiamato “il giovane ribelle” (titolo della storia) e del suo rifiuto degli psicofarmaci che riuscirà a trovare il suo equilibrio tra le sue convinzioni e la terapia.
Ogni paziente porta con sé un tema, un argomento, una parola, che l’autrice sapientemente riesce sempre ad individuare dando una chiara idea, forte, di un determinato dolore. Pazienti romanzati a cui, però, la Dottoressa Zampolini dedica un ringraziamento speciale: “Mi hanno insegnato tantissimo. Se è nato questo libro e le riflessioni che ci ruotano intorno, è proprio grazie al fatto che loro hanno portato il loro mondo, lo hanno aperto davanti a me, me lo hanno anche in parte affidato e c’è stato uno scambio profondo”.
Il libro si conclude con un diario commovente dedicato al padre e di come la sua malattia abbia cambiato il loro rapporto. Molto toccante è il passaggio intitolato “Quando sono diventata Mara”, che racchiude tutto il dolore in un semplice gioco di parole tra Mara e a-mara, una contrattura sillabica che porta con sé paure e sofferenze: “Il segno, in negativo, del cambiamento con mio padre è stato proprio che non riusciva più a chiamarmi per nome. Questo Mara io non l’ho mai accettato, mi metteva in crisi dal punto di vista dell’identità. Non ero più Marina, con tutto quello che questo voleva dire”.
Il filo conduttore di questo libro non è solo l’incontro, quello che avviene in terapia, ma è anche la sfida, come ci spiega la Zampolini : “Prima di questo titolo – Incontri – avevo pensato a “Le sfide della vita”, perché questo era il senso di ogni racconto. Di come la vita, ci “sfida” a superare ostacoli, le difficoltà nel tempo”.
Per acquistare una copia del libro, è possibile contattare le Edizioni Leopardi del Circolo Letterario Giacomo Leopardi di Pistoia.
Ogni giorno capita di incontrarci e scontrarci con persone, e ognuno ha il suo dolore, il suo trauma, la sua sofferenza. “Nel tempo, ho notato che siamo diventati più liberi – da tabù, dogmi religiosi ecc. ndr – ma più fragili” afferma la Dottoressa Marina Zampolini Agnoli. Allora questo libro può essere anche l’occasione per riflettere sulla nostra capacità di ascolto dell’altro, nel senso più profondo del suo significato, e delle sue fragilità…che a volte sono anche le nostre.
In fondo, siamo come specchi gli uni degli altri.
E allora, con amorevolezza, ascoltiamo per ascoltarci.
Come insegna un vecchio detto proverbiale: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre”.
Sara Parigiani