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10 Gennaio 2022Anche agli inizi degli anni ’30, dopo ben un decennio dall’avvio delle trasmissioni ufficiali della radio nazionale, l’ascolto radiofonico era ancora tutt’altro che semplice. Si dà per assodato che la casa fosse dotata di utenza elettrica, ma gli aspetti da risolvere non finivano qui: oltre al possesso di una radio bisognava impiantare un’antenna adeguata. Sappiamo che il suo compito, non di poco conto, è quello di captare le onde che circolano nello spazio alla stessa velocità della luce, cioè a 300.000 km al secondo. Il termine “antenna” ha origini navali ed è quell’asta sulla quale, nelle imbarcazioni a vela, viene fissata per un lato la vela latina.
In quegli anni le varie riviste specializzate dispensavano consigli su come impostare proficuamente detto strumento. Per chi abitava in campagna si consigliava di tendere l’elemento trasversale dell’antenna tra un albero e l’altro e far scendere un cavo fino all’apparato radio (fig. 1). Altra soluzione era collegare due alberi del giardino (fig. 2). In presenza di un solo albero nelle vicinanze della casa, si poteva tendere il filo dell’antenna (aereo) tra il medesimo ed un angolo della stessa casa. Nei paesi e nelle città, dove le regole inibivano la tensione di fili al di fuori del proprio tetto, si poteva tirare l’aereo da una parte all’altra del tetto, impiantando due tralicci ben fissati. Altri consigli riguardavano i meccanismi isolatori tra i vari fili, aereo, discendente verso l’apparato, nonché tra il filo e i tralicci. Per evitare spiacevoli interferenze il filo trasversale doveva essere tenuto lontano da quelli del telefono e dell’elettricità almeno venti metri. Se ciò non fosse stato possibile l’antenna doveva sorpassarli e tagliarli ad angolo retto. Questa era l’antenna unifilare, che dava i migliori risultati se il filo trasversale non era inferiore a 20 – 25 metri. Qualora ciò non fosse stato possibile si sarebbe dovuto ricorrere all’antenna bifilare, come indicato nella figura 5).
Intanto le case si stavano “antennizzando” e, fatte le dovute proporzioni, l’impatto delle parabole attuali avrebbe fatto semplicemente ridere. Insomma, una vera e propria tecnicalità che, tuttavia, non sempre dava i risultati sperati. Oltre tutto bisognava assicurare un’adeguata presa di terra, aspetto tutt’altro che fisiologico, ma di questo parleremo in altra occasione.
Umberto Alunni