Luogo e data di nascita di questo personaggio, tanto importante per la Pistoia medievale, sono controverse. Secondo alcune fonti Atto (o Attone) nacque tra il 1070 e il 1080 a Pescia o in Val di Pesa, per gli storici della Chiesa fu invece originario della Spagna. Le notizie certe risalgono al 1120 quando divenne Abate di Vallombrosa, abbazia di cui contribuì ad aumentare prestigio e prosperità. Nominato Vescovo di Pistoia nel 1134 da Papa Innocenzo II, mostrò carattere autoritario e senso del dovere; pur rimanendo strenuo difensore dei diritti e privilegi della Chiesa, pare cercasse sempre il giusto compromesso. Fu al tempo del suo vicariato che la Diocesi dovette affrontare le maggiori tensioni con la nuova autorità civile del capoluogo. Dopo aver donato alla città ospedali e opere di beneficenza, coltivò il culto di San Giacomo, già presente in Pistoia; con questa abile iniziativa riuscì ad appianare i contrasti con il Comune e, probabilmente, a cambiare le sorti della storia cittadina. Morto nel 1153 e sepolto nel Battistero (la vecchia chiesetta detta di San Giovanni Rotondo), alla sua riesumazione, nel 1337, il suo corpo fu trovato pressoché intatto e trasferito nella Cattedrale di Pistoia. La devozione dei pistoiesi al “loro” Vescovo fu tale che Sant’Atto fu poi canonizzato da Clemente VIII nel 1605.
Come ricorda Giampaolo Francesconi: “L’arrivo della reliquia dell’apostolo Jacopo il Maggiore rappresentò un momento di svolta decisivo nelle vicende interne ed esterne della storia cittadina. …fu un’operazione dall’altissimo valore religioso e devozionale, ma anche, e per molti versi soprattutto, un atto di notevolissima lungimiranza politica, simbolica e, diremmo oggi, di grande forza mediatica”1. Approfittando dei buoni rapporti con l’Arcivescovo di Compostela e della presenza di un certo Canonico Ranieri, pistoiese, divenuto Schola Magister presso il Capitolo della Cattedrale galiziana, inviò Tebaldo Baldi e suo nipote Mediovillano in pellegrinaggio a Santiago per riportare in città un frammento osseo della testa del Santo quale sua reliquia, trasformandolo così nel patrono della città (col nome toscanizzato di San Jacopo). “San Giacomo (Santjago-San Jacopo) fratello di Giovanni, fu uno dei compagni più vicini a Gesù, primus ex apostolis, l’unico dei dodici il cui corpo, conservato sempre nello stesso sepolcro, non subì né spostamenti né atti vandalici. E quest’integrità fisica, insigne privilegio del seggio di Compostela, che non ha lasciato spazio alle pretese d’altre chiese di possedere anche solo piccoli frammenti dei prezioso resti (a parte Pistoia N.d.A.), è sufficiente a spiegare l’eccezionale fortuna di questo pellegrinaggio. Senza dimenticare che, secondo la leggenda, oltre ad evangelizzare la Spagna, nel 844 nella battaglia di Clavijo sarebbe apparso, spada alla mano, cavalcando un cavallo bianco: il “figlio del tuono” avrebbe sconvolto e messo in fuga gli arabi. San Giacomo divenne allora il “Matamoros”, lo sgominatore dei mori “2.
L’introduzione del culto di San Jacopo a Pistoia, al di là della sua rilevanza religiosa, si può definire un capolavoro politico del vescovo Atto che, molto probabilmente, era stato scelto proprio per risolvere i contrasti e le tensioni che nei primi anni del XII secolo avevano contraddistinto i rapporti tra potere civile (le nascenti autorità comunali in cerca di legittimazione e autonomia) e quello vescovile, culminati con la scomunica lanciata sui magistrati cittadini nel 1138 dal predecessore di sant’Atto: Ildebrando. La figura vescovile quale guida cittadina aveva ormai perduto forza e importanza, il culto jacobeo doveva contribuire a ricreare un nuovo centro di aggregazione tra tutti i cittadini, legando nuovamente in uno stretto rapporto il potere civico con quello religioso, perché “…senza Dio non c’è potere e senza potere non c’è ordine3”.
San Iacopo, oltre che il santo protettore della città, divenne il rappresentante dell’identità cittadina e il collante intorno al quale si sarebbe formato un vero e proprio senso civico che avrebbe contraddistinto Pistoia per secoli. A suggello di questo patto il Comune s’impegnava a mantenere accesa tutto l’anno una lampada sull’altare di San Iacopo, nella campata sinistra della cattedrale, a testimoniare come il potere civile onorasse il santo cittadino e unisce nella stessa devozione il sacro e il profano.