La mia vita con PIETRO BUGIANI (terza parte e ultima)
Di Umberto Mariotti, Pietro e la Gina raccontavano di quando erano stati sfollati insieme nel periodo di guerra, ma lui, il Mariotti, non l’ho mai conosciuto di persona, solo di figura, morì nel ’71 e non ebbi il tempo di incontrarlo. Gli altri del Cenacolo sì, li ho conosciuti tutti.
Pietro aveva appreso dal padre, fin da bambino, l’amore per la pittura, lo accompagnava quando, insieme al Gonfiantini, andavano per la campagna a dipingere. Ma il primo vero importante Maestro di Pietro fu Giovanni Michelucci. Si andò una volta a trovarlo nella Villa di Fiesole e per me fu una esperienza emozionante, era una persona, un’artista di grande carisma. Ebbi in seguito con lui un breve scambio epistolare in occasione di una Mostra di Pietro, alla Galleria Turelli, della quale curai, per la prima volta, il catalogo. 
Quelli del Cenacolo: Bugiani, Agostini, Mariotti, Cappellini e gli altri, se ne andavano, quasi ogni giorno di bel tempo, passeggiando e filosofeggiando nella zona di Sant’Alessio (nessuno di loro naturalmente aveva la macchina), parlavano d’arte e dipingevano ein plain air, dimenticandosi del resto del mondo. Erano al tempo stesso apostoli e Maestri, qualcuno più Maestro degli altri. Erano loro amici: Cezanne, Monet, Manet, Toulouse, Corot, Sisley, Van Gogh (e le lettere al fratello Theo), e poi e poi … un mondo che non pareva reale, che forse anche loro vivevano come leggenda, come sogno, immergendosi in colori e forme, in trasparenze e tonalità che poi riproducevano, con le variazioni personali, nelle loro opere.
C’era vivo nella memoria di Pietro il ricordo dell’incontro con il principe Lanza del Vasto, di nobili origini siciliane, poeta, filosofo (fondatore della Comunità dell’Arca in Francia), che ebbe a organizzargli una Mostra a Berlino dove era presente anche la Natività (ora di proprietà degli Uffizi), che fu esposta alla Mostra “Bellezza divina “ a Firenze nel 2016 insieme alle opere dei più grandi pittori e scultori del 900 italiano.
Quelli del “Cenacolo” erano così … come sono gli artisti, diversi dai comuni mortali, sempre con la testa impegnata con immagini e colori, lontani dalla realtà, immersi in visioni dai confini descritti solo da loro stessi. Pietro raccontava, che una volta, trovandosi con Marcello Lucarelli, un pittore schivo, timido e dai grandi occhiali da vista con lenti molto spesse, e con altro pittore che non ricordo, nei pressi della Chiesa di San Michele in Groppoli, si erano messi a dipingere, a ritrarre un paesaggio con una casa un poco lontana. Ad un tratto Marcello si era messo a urlare “ La casa si muove”. Fu un gran ridere perché il Lucarelli invece della casa, aveva tenuto d’occhio una mucca che ad un certo punto si era chiaramente mossa.
Per parlare “male” di Pietro ci voleva però Aldo Frosini, pittore gentile, restauratore eccellente e generoso amico. Il Frosini non sopportava la precisione di Pietro. Con la voce profonda e lenta, ne raccontava le nefandezze a proposito del suo dipingere sui cartoni sfrangiati e magari fronte retro, di stracciare o appallottolare e poi gettare sotto il tavolo dei capolavori, di ritoccare vecchi quadri che poi, il Frosini, aveva dovuto restaurare. Io stessa ne ho ritoccati molti in occasione di mostre o di vendite. Ecco Pietro era anche questo, poco incline ad aver cura delle cose sue perché aveva sempre da fare altro. Ma fu un ottimo restauratore e decoratore per terzi e come tale lavorò, oltre che a Pistoia e dintorni, anche a Roma chiamato da Michelucci.
Nella casa di Via Gerbi , dove si erano trasferiti subito dopo guerra e dove è deceduto nell’aprile 1992, c’era il salotto “buono” dove nessuno entrava mai e non veniva aperto neanche ad eventuali estimatori e compratori. I mobili erano stati tutti fatti dal falegname Maraviglia su disegno di Pietro. Sopra quei mobili, alle pareti, stavano appesi i quadri che Pietro non voleva vendere, quelli che amava di più. Quel salotto veniva aperto per il pranzo di Pasqua e per quello di Natale.
Dentro il mobile grande stavano i piatti bianchi e blu di marca inglese e i bicchieri che venivano dalle varie generazioni di Bugiani e Paci (la moglie).

La Gina
La Gina era figlia del sellaio che aveva il negozio in Porta Carratica. Era Maestra elementare e aveva insegnato in piccoli paesi prima di essere trasferita definitivamente a Pistoia. Si erano sposati nel ’30 e Pietro l’aveva seguita nei vari spostamenti. Fu per un po’ di tempo a Pian di Novello dove lui ebbe a dipingere l’affresco della Natività che ora si trova a San Domenico.
Lei, una donna tutta d’un pezzo, in casa si occupava di tutto pur insegnando. Una donna efficiente, pratica, che sopperiva “all’assenza” del marito in modo eccellente. Non aveva interessi suoi e non usciva mai, si occupava di ricevere gli amici di Pietro e gli acquirenti che si presentavano e con i quali discuteva i prezzi dei quadri. (Fra i tanti visitatori mi piace ricordare Walter Chiari). Con lei ho fatto una prima catalogazione di molte opere di Pietro scrivendo le etichette con la lettera 22 e ritagliandole con le forbici, allora avevamo a disposizione soltanto questi mezzi tecno/casalinghi.
Alla morte della Gina mi sono fatta io carico del suo “carico” e ne ho capito tutta la difficoltà ma anche la grande soddisfazione di poter essere conservatrice delle opere d’ arte di Pietro Bugiani e memoria di una parte della sua vita.
Questo è solo un accenno ai ricordi che ho di Pietro e della Gina che si intrecciano anche con quelli della mia famiglia, di mio marito, con quelli della nascita di un figlio, il nipote amato. E si intrecciano poi con le preoccupazioni e le malattie. Sono stata per molti anni vicina a Pietro (28 anni) e alla Gina (20 anni). Ci sono i ricordi degli ultimi anni dell’uno e dell’altra. La Gina se ne andò nel giro di tre giorni, mentre Pietro le sopravvisse otto anni in cui però non produsse più niente, era perso in un mondo in cui nessuno poteva più entrare.
Ora loro due riposano in pace nel tranquillo cimitero di Sant’Alessio, di nuovo insieme per sempre: una donna/madre/insegnante/sostegno e un’artista fra i più grandi del ‘900 italiano.
Lucia Focarelli
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Preghiera
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Mulino su la Bure
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La Gina