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14 Settembre 2020
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14 Settembre 2020Si è conclusa Venezia 77, probabilmente una delle sue edizioni più difficili e incerte sulla carta, sicuramente però vincente per come è riuscita a organizzarsi nonostante l’emergenza sanitaria del Covid-19.
Alberto Barbera e i suoi sono stati infatti in grado di mettere in piedi un Festival che per certi versi, considerando il contesto, poco ha da invidiare alle precedenti edizioni (le star c’erano, seppur in maniera minore) e alcune innovazioni sarebbero da mantenere.
La possibilità di prenotare online le proiezioni, ad esempio, ha reso il Festival finalmente vivibile per gli addetti ai lavori, permettendogli di organizzare meglio le giornate e di evitare lunghe file (magari con il rischio di non entrare) sotto il sole o le intemperie.
Di uguale è certamente rimasta la serata finale, al solito un po’ impacciata, che ha regalato inevitabili discussioni e polemiche.
Se a portare a casa il Leone d’Oro per il miglior film è stato lo statunitense “Nomadland” di Chloé Zhao con protagonista Frances McDormand, il Gran Premio della Giuria se l’è aggiudicato “Nuevo Orden” di Michel Franco, mentre il miglior regista, secondo la giuria presieduta da Cate Blanchett, è Kiyoshi Kurosawa per il film “Wife of a spy”.
Miglior sceneggiatura, infine, a “The Disciple” di Chaitanya Tamhane e Premio Speciale della Giuria a “Cari Compagni!” di Andrei Konchalovsky.
Per l’Italia, luci e ombre. La delusione arriva dal Concorso Ufficiale (quattro erano i titoli nazionali in gara), parzialmente mitigata dalla vittoria di Pierfrancesco Favino come miglior attore (miglior attrice Vanessa Kirby per “Pieces of a woman”) per ” Padrenostro” mentre c’è soddisfazione per il riconoscimento alla sceneggiatura (sezione Orizzonti) a Pietro Castellitto per il suo “I Predatori”.
Alla fine resta la sensazione di un’edizione unica e irripetibile, certamente quella di un nuovo inizio.
In questa inedita, imprevedibile, normalità.
Stefano Cavalli