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4 Febbraio 2020Se è vero, com’è vero, che andare a teatro è un’esperienza emozionale logicamente più intensa di quella cinematografica per la sua natura di rendere sottilissimo lo spazio che divide la finzione (del palco) dalla realtà (della platea), è vero che certi spettacoli rompono questo muro coinvolgendo il pubblico all’interno della messa in scena; ponendolo sostanzialmente come elemento attivo e in alcuni casi partecipe alla riuscita dell’opera.
Ecco che allora il primo ricordo che ho della piacevolissima commedia per la regia di Massimo Romeo Piparo, vista al Politeama di Prato domenica 2 febbraio, è qualcosa che poco sembra avere a che fare con uno spettacolo teatrale: una memoria olfattiva.
“Belle e ripiene” è infatti uno show dove le brave e belle Rossella Brescia, Tosca d’Aquino, Roberta Lanfranchi e Samuela Sardo oltre a recitare (molto bene) cucinano nel vero senso della parola, portando a noi stupiti spettatori i piatti preparati durante lo svolgimento del dramma, e dove il pubblico è appunto partecipe in maniera piena.
Uno spettacolo tutto in rosa (nella trama gli uomini sono assenti, traditori, furbacchioni o al limite severi giudici culinari ma rigorosamente fuori scena) e anch’io, in un teatro gremito, mi sono ritrovato in poco tempo circondato da un colorito e altrettanto divertente (quasi quanto lo spettacolo) corollario di signore, rigorosamente abbonate, mentre gli uomini si contavano sulle dita di una mano, quasi tutti presumibilmente sottratti a una domenica di calcio davanti al televisore o al bar. Ad arricchire questo quadro la donna accanto a me che faticava a capire le attrici soprattutto quando si esprimevano in dialetto, che dopo un timido lamento (“Ma lei capisce qualcosa?”) rivolto a me e appreso che io capivo perfettamente, si è rimessa a vedere la commedia con l’aria di chi si trova davanti all’ignoto e non sa cosa fare.
Non so se lo spettacolo le sia piaciuto, l’unica cosa certa è che non si è mai scomposta nemmeno un secondo, né uno sbuffo e nemmeno una risata. Io, nel dubbio, non me la sono sentita di indagare.
Stefano Cavalli
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