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21 Dicembre 2019questo editoriale ha per chi scrive un sapore strano, difficile da definire, tra il dolce e l’amaro. Dopo quasi due anni di viaggio con Arteventi mi sono imposto un fine corsa, faccio un passo indietro e lascio la direzione della rivista che nel giugno di due anni fa ho creato insieme al mio compagno d’avventura Maurizio Gori e a tanti amici che sono diventati anche collaboratori. Ho sempre scelto i migliori e il successo che sta avendo Arteventi lo dimostra.
A tutti indistintamente va il mio grazie per avermi supportato e soprattutto sopportato. Non smetterò di scrivere ma lo farò da semplice collaboratore. Se avrete voglia di leggermi non mi troverete più nell’articolo di spalla nella sezione dedicata al Direttore, ma nei contornati centrali, insieme a tutti gli altri. Inoltre continuerò ad occuparmi degli articoli che riguardano la Storia della Radio scritti da Umberto Alunni e dei rapporti con la Fondazione Caponnetto e dei relativi editoriali.
Un grande augurio di buon lavoro e di tanti successi a Maurizio Gori che in comune accordo con il sottoscritto prenderà a breve le redini della rivista ricordandogli un passo della lezione di giornalismo che Montanelli fece all’Università di Torino il 12 maggio 1997.
“Chi di voi vorrà fare questo mestiere, si ricordi di scegliere il proprio padrone, il lettore. Si metta al suo servizio e parli la sua lingua, non quella dell’accademia. Porti la cultura dell’accademia alla comprensione. Badate che questo è stato il più grave dei tradimenti commessi in Italia, e ne sono stati commessi parecchi. Volete le prove? Prendete un qualsiasi scritto di chiunque dell’Italia del ‘700 e mettetelo a confronto con le pagine dell’enciclopedia francese. Le pagine di Voltaire, di D’Alembert, sono chiare e limpide, tutto si capisce. Nelle altre non si capisce nulla: lingua togata, irreale, del principe. Lingua di cultura al servizio del signore, che poi è diventato partito. E quindi è anche peggiorata, perché era meglio servire un duca o un cardinale che un partito. Era meno ignobile, anche se era ignobile anche quello. Ricordatevi che la cultura in Italia non si è mai diffusa, quel poco che è stato fatto è stato fatto dal giornalismo. Se volete fare questo mestiere, questo è l’impegno che dovete assolvere. Per farlo non c’è sofferenza che ve ne possa sconsigliare, e questo mestiere è bellissimo. Non conduce a niente ma è bellissimo. Il giornalismo si fa per il giornalismo, e per nessun’altra cosa.”
Ci dice il Kohèlet “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”.
Un’ affermazione che insegna molto e fa riflettere. Per me è venuto il momento di metterla in pratica.
Buon Natale di cuore!!!
Alessandro Orlando