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Siamo stati in tanti ad assistere alla piece teatrale di e con Davide Enia, “L’Abisso”. Molti erano giovani. Sul parquet, di fronte a noi, c’erano due sedie, vicino ad esse due bottiglie, due chitarre, di cui una classica, casse per l’amplificazione dei suoni ed in alto otto fari di cui quattro mandavano luce azzurra e quattro luce gialla; quando erano accesi sembrava di avere sul palcoscenico: l’acqua del mare e la terra ferma.
Entrarono due persone, il chitarrista Giulio Barocchieri e l’autore-attore Davide Enia che iniziò a parlare lentamente in lingua italiana elencando i motivi che lo avevano spinto ad andare a Lampedusa, che come sappiamo fa parte dell’Arcipelago delle Pelagie, a metà strada tra la Libia e l’Italia.
Egli doveva raccogliere le testimonianze degli abitanti che, da più di un quarto di secolo assistono allo sbarco e più spesso al salvataggio dei migranti africani dell’area subsahariana. Essi cercano di scappare dai luoghi di morte, dove vivono, con la speranza di dare un futuro migliore ai propri figli. Per fare questo, ha detto l’autore, devono affrontare a piedi la fuga attraversando il deserto e le violenze quando raggiungono i campi profughi della Libia. Enia è stato molto bravo a spiegare tutto quello che i migranti devono sostenere prima di giungere in Italia e lo spettatore viene coinvolto sempre di più emotivamente nella realtà vissuta dagli africani che per i maggiori mass-media sono spesso numeri, mentre in ciò che raccontano i lampedusani sono protagonisti di drammi struggenti.
Intanto l’italiano usato dall’attore si è trasformato in un siciliano gridato quando ha parlato di come i naufraghi urlino il proprio nome prima di affogare o quando Davide Enia, insieme al sublime chitarrista, Giulio Barocchieri, ha dato voce a coloro che sulla nave di salvataggio, appesi alle reti, con il mare forza nove, aiutano le persone in mare, prendendole con la forza delle braccia e lanciandole dentro la pancia dell’imbarcazione.
Proprio in quel momento molto intenso, traspariva il teatro di Dario Fo, dove la gestualità si accompagna al canto in un insieme di suoni e rumori. Gli spettatori hanno tributato un applauso senza fine all’autore.
Un’ altra cosa interessante da sottolineare di questo spettacolo teatrale è che esso si è dipanato come una tragedia greca. I testimoni degli sbarchi erano il coro che sullo sfondo piangeva sapendo quale sia per molti la fine; i naufraghi erano i protagonisti dell’opera insieme a chi cercava di salvarli, raggiungendo l’eroismo nella dura lotta per la vita.
Enia con la sua opera ha messo in evidenza l’importanza di quanto sta accadendo a Lampedusa, che è diventata non solo il punto di incontro tra cultura e civiltà differenti, ma anche luogo di confronto di periodi storici diversi e tutto ciò è destinato a cambiare molte cose, per non dire il mondo.
Anna Buonomini