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10 Novembre 2019Nato a Pisa nel 1564, Galileo iniziò nel 1580 a studiare medicina presso l’Università della sua città, poi si specializzò in matematica, studiò anche fisica e geometria cominciando ad applicare le sue conoscenze al mondo reale, effettuando una serie di esperimenti e rifiutando una scienza dogmatica e acritica tramandata da secoli; per questo lascerà l’università senza laurearsi pur avendone le possibilità.
Ritratto di Galileo Galilei. Olio su tela di Domenico Tintoretto, 1605-1606 (Maritime Museum, Greenwich) – fonte: Ansa
Nel 1592 venne chiamato presso l’università di Padova dove fu docente fino al 1610. I diciotto anni trascorsi nella città veneta furono definiti da Galileo «i migliori di tutta la mia età».
Nello studio di Padova Galileo oltre a dedicarsi agli studi teorici creò una piccola officina nella quale eseguiva esperimenti e fabbricava strumenti che vendeva per arrotondare lo stipendio; il fenomeno del moto divenne il primo oggetto dei suoi studi: in particolare la caduta dei gravi che condusse alla realizzazione del famoso piano inclinato; qui, oltre ad altre invenzioni, tra il 1604 e 1609, perfezionò e miglioro uno strumento che si rivelerà importantissimo per il futuro della scienza: Il cannocchiale; strumento inventato in Olanda, Galileo ebbe il pregio di migliorarlo e grazie ad un artigiano del luogo riuscì a produrre un cannocchiale da 30 ingrandimenti. Quello che oggi sembrerebbe un traguardo scontato rivestì per allora un valore aggiunto indiscutibile soprattutto dal punto di vista strategico militare: se ne resero conto i veneziani, abili mercanti ma anche dominatori armati dei mari; Galileo, imprenditore di se stesso, presento la novità al Doge il 21 agosto del 1609; porre il proprio occhio nel nuovo strumento voleva dire avvistare eventuali navi nemiche con qualche ora di anticipo e quindi prendere le dovute precauzioni e strategie successive; I veneziani tributarono tutti gli onori allo scienziato e lo assunsero nelle reali università venete, concedendogli anche la dispensa all’insegnamento; non ultimo, la Serenissima Venezia gli evitò alcuni guai giudiziari che lo avevano fatto conoscere alla locale inquisizione della santa sede romana. Egli risiedette in un ambiente culturalmente fecondo, all’avanguardia si direbbe oggi, lasciandolo libero di indagare e spaziare in qualsiasi campo ed elaborare le sue teorie.
Poco dopo Galileo, uomo curioso, comincio a volgere il suo cannocchiale non più all’orizzonte terrestre ma al firmamento, proprio in quegli anni infatti si era dedicato alla lettura di Copernico e Keplero: fu così che osservando la luna si rese conto che ella aveva numerose asperità e irregolarità nella superficie, scrutando il sole descrisse quelle che oggi sono le “macchie solari”, studiò la via lattea e comprese che era costituita da un insieme di stelle lontanissime e, non ultimo, descrisse i quattro maggiori satelliti di Giove elaborando che anche i pianeti potevano essere circondati da satelliti. Galileo Galilei vede tutto questo mentre legge le idee di Keplero sui movimenti dei pianeti, tra cui quella in base alla quale la Terra compiva su se stessa un moto di rotazione e soprattutto la teoria eliocentrica enunciata nel De revolutionibus orbium coelestium del 1543 dall’astronomo Niccolò Copernico, per cui non la Terra, ma il Sole si trovava al centro del sistema con i pianeti che gli giravano attorno con un moto di rivoluzione.
Nel 1611 tutto venne pubblicato nel Sidereus Nuncius, un vero best sellers dell’epoca, 500 copie furono vendute in una settimana varcando i confini della Italia.
Ritratto di Galileo Galilei (1564-1642) — Fonte: ansa
Oramai illustre, lo scienziato si trasferisce a Firenze nel 1610: il granduca di toscana Cosimo II de medici, a cui era stata dedicata la pubblicazione, lo ricompensò con una posizione di insegnante all’università di Toscana (matematico, astronomo e persino “filosofo”) ed, esentato dall’obbligo di insegnamento, ebbe la possibilità di effettuare i suoi studi prima alla corte press la villa di Pratolino e poi a Villa Artimino. Aver abbandonato l’università di Padova e quindi la Repubblica Serenissima di Venezia, liberale e moderna, voleva dire aver rinunciato alla protezione contro le invettive dei cattolici integralisti. Infatti negli anni successivi incominciano le dispute con i docenti degli atenei, con i gesuiti del Granducato e con i teologi; ci si mette a criticarlo persino la madre del Granduca di Toscana, Cristina di Lorena, bigotta ed integralista oltre ogni limite: Galileo non conosce la Bibbia, nei versetti della sacra scrittura si legge che Giosuè, nella battaglia di Gabaon, comanda al sole di fermarsi, che le armate di Israele sconfiggeranno i nemici…… non dice: terra fermati!…Nella famosa lettera di risposta alla Granduchessa Galileo non brilla certo per diplomazia, anzi il suo carattere spigoloso e sanguigno è tutto nella risposta: Madama Cristina ha ragione: Dio non può aver mentito nella sacra scrittura poiché trattasi di parola di Dio, ma con questo si vuol dire Madama che Dio ha mentito nel resto? Il libro di natura, il creato, non è questa opera di Dio? Io credo che Dio non abbia mentito né nella scrittura né nella natura, ma mi chiedo: non è quella scrittura chi che nel tempo ha mal interpretato? Come non poteva essere che i teologi, la Chiesa e il Sant’Uffizio non iniziassero a prestare attenzione alle opere di Galileo? Per questo e per il peso accademico dei docenti Gesuiti del Collegio Romano, il matematico pisano si precipitò nel 1616 a Roma, dove fu accolto benevolmente da papa Paolo IV ma fu comunque ammonito e invitato a non sostenere teorie considerate, se non eretiche, comunque “false”. In realtà la teoria Copernicana da cui Galileo trae le sue idee era rimasta sepolta nelle biblioteche poiché troppo difficile da comprendere e per decenni non venne considerata eretica, ma il clima iniziava a farsi veramente teso.
Galileo elaborò ulteriormente il suo pensiero in una serie di lettere scritte tra 1613 e 1616, chiamate Lettere copernicane, e nel Saggiatore opera del 1623. In queste due opere Galileo si occupò di ribadire come la Bibbia avesse carattere morale e non scientifico e si propose di chiarire l’approccio che si doveva avere nelle scienze. Le discussioni di carattere scientifico dovevano basarsi sulla creazione di un’ipotesi che nasceva dalla teoria e che trovava conferma nell’osservazione diretta della realtà naturale. Questo era il metodo da seguire per conoscere la realtà naturale secondo Galileo: il metodo scientifico o sperimentale, precursore di tal metodo era stato Leonardo da Vinci.
Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Batista Landini, 1632
Nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, opera di trattatistica scientifica composta tra 1624 e 1630, Galileo confutò senza mezzi termini le teorie del sistema tolemaico-aristotelico – secondo il quale la Terra era ferma al centro dell’universo con i pianeti che le giravano intorno – a favore del sistema copernicano basato sulla teoria eliocentrica riprendendo gli studi di Keplero e Copernico e ponendo le basi future della teoria della relatività del moto. Come era facile immaginarsi nel 1633 arrivò la chiamata dell’ in quisizione e iniziò il processo durante il quale Galileo provò a spiegare, senza riuscirvi, le sue ragioni alla Chiesa.
Il 22 giugno 1633 compì un’abiura delle sue teorie, con la quale sconfessava le scoperte fatte e la teoria copernicana, venendo condannato all’esilio:
“…..Ma perché da questo S. Off.o, per haver io, dopo d’essermi stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere nè insegnare in qualsivoglia modo, nè in voce nè in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata et apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna solutione, sono stato giudicato vehementemente sospetto d’heresia, cioè d’haver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo et imobile e che la terra non sia centro e che si muova.”
Galileo è uno sconfitto, il suo sistema di idee ha perso, l’insegnamento gli è inibito, deve tacere, è recluso in casa e i suoi spostamenti sono controllati; ha 70 anni, per quei tempi una veneranda età, …e non ultimo…. è cieco. Lì avviene qualcosa di stupefacente: si rimette a lavorare e riparte proprio dalla fisica, mette a posto, ordina decenni di esperimenti studi e teorie. Nel 1638 è pubblicato nei Paesi Bassi quasi clandestinamente il trattato chiamato Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, l’opera galileiana più importante, un libro potente. Galileo è l’espressione di ciò che un uomo può fare nella terza età della vita, dell’importanza della formazione fino alla vecchiaia, del saper ripartire dopo la sconfitta… e della caparbietà dell’uomo nella ricerca della verità. Si può pensare che tutto ciò colpisca l’immaginazione degli anziani, invece affascina i giovani. Galileo morì nel 1642.
Il 31 ottobre 1992, 359 anni dopo l’abiura, Papa Giovanni Paolo II riconobbe gli errori commessi dalla Chiesa nei confronti di Galileo davanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze (quel …”Eppur si muove”….pronunciato a mezza voce al termine dell’abiura era lo sdoganamento della scienza moderna… ma quanta fatica e quanto tempo…..)
Renato Vagaggini