
Alain Resnais e la Nouvelle Vague
4 Ottobre 2019
La voce di Arteventi si colora con le maglie gialle del Baskin!
4 Ottobre 2019Presentato al Festival di Venezia 76 “Fulci For Fake” è un inatteso e insolito documentario che racconta la figura di Lucio Fulci (Roma, 17 giugno 1927 – Roma, 13 marzo 1996), regista di Cinema popolare diventato un nome di culto anche e soprattutto per la seconda parte della sua carriera dedicata in gran parte al genere horror, con titoli fondamentali come “Zombi 2” (1979) e “…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà” (1981) che hanno influenzato negli anni successivi il Cinema internazionale e registi del calibro di Quentin Tarantino. Simone Scafidi ha rilasciato ad Arteventi News un’intervista con cui ci parla del suo amore per il regista romano e la genesi di questo suo documentario.
1 – Ciao Simone. Partiamo dall’inizio. Come e quando nasce il tuo
rapporto con (il cinema di) Lucio Fulci?
Quando sono ragazzino e, in una città di provincia come Tortona, l’amore per il cinema, per un cinema altro e alieno, è quello che mi distingue dai miei coetanei. In mezzo a registi come Fassbinder o Lynch, Cronenberg o Herzog, dei quali sono piene le pagine delle riviste di cinema che divoro, vengo incidentalmente a conoscenza dei film di Fulci. I titoli, da Non si sevizia un paperino a Paura nella città dei morti viventi, mi fanno immaginare un mondo che voglio assolutamente conoscere. Piano piano inizio a vedere i suoi lavori – cosa non semplice nei primi anni ’90 –, a leggere la sua storia, e nasce il mio amore per questo regista allora così sottovalutato ma la cui grandezza mi invade e mi entusiasma da subito. Fulci non è il mio regista preferito, ma è quello che, non saprei perché, ha fatto scattare in me delle emozioni che difficilmente ho provato con altri autori.
2- Quando e come nasce l’idea di dedicargli un documentario?
Nasce di getto, quasi senza pensarci sopra. La produttrice Giada Mazzoleni, appena avviata la sua società di produzione Paguro Film, mi dice che vorrebbe realizzare un documentario e mi chiede se ho un’idea. E io, d’emblée, rispondo: ‘Vorrei fare un film su Lucio Fulci’. Lei replica: ‘Figata. Facciamolo’. E in poco tempo le riprese partono, come nei migliori sogni di qualsiasi regista.
3- Un aspetto particolare di questo documentario è la parte di fiction.
Si immagina che un attore debba interpretare il ruolo di Fulci in un
film sulla sua vita e da lì inizia il suo percorso di interviste per
conoscerlo meglio. Come mai hai scelto di dare questo taglio al
documentario?
L’ho scelto perché, da una parte, volevo trovare una struttura sorprendente, inedita, che fosse degna di Fulci, un regista che ha sovvertito alcune regole del genere. Ho tentato un approccio a gamba tesa sul biopic documentaristico, che rendesse Fulci For Fake – cioè il racconto di un uomo che già da sé aveva reinventato la propria esistenza – un lavoro che non ambisce alla ricerca della verità, ma all’alimentazione del mito. Dall’altra parte, il viaggio che il protagonista compie alla ricerca di Fulci è lo specchio di quello che lo spettatore intraprende durante la visione, condividendone dubbi e riflessioni. Chiaramente questo è lo scheletro del film, ma la carne sono le interviste – con la prima e unica testimonianza in video di Camilla Fulci -, le fotografie inedite e gli home movies girati da Fulci stesso, che ci sono stati donati con grande generosità da Antonella Fulci, la figlia maggiore del regista, la quale chiude, con le sue bellissime parole, il film.
4- Il genere documentario è stato, in Italia, per molto tempo associato
a quello naturalistico e/o a qualcosa di noioso, didascalico etc. Forte
della tua esperienza anche con il precedente Zanetti Story, come vedi
oggi la situazione cinema documentario in Italia?
Il documentario è ormai un campo in cui molti registi di natura fiction sperimentano. Sia perché, inutile negarlo, farsi produrre un documentario è meno costoso di un film classico, sia perché sta diventando uno dei generi in cui la nostra cinematografia riesce a eccellere. Dal boom dei film evento – il ciclo sull’arte targato Nexo Digital; l’exploit di Zanetti Story e quello di Bianconeri; il successo di Chiara Ferragni. Unposted – ai casi più autorali come Minervini e Rosi, il documentario sembra davvero essere una piccola industria a sé, in cui ricerca e spettacolo convivono idealmente.
5 – Dopo la proiezione al Festival di Venezia dove e quando si potrà
recuperare il tuo documentario?
Il film sta andando ad altri festival italiani – come il Milano Film Festival e il ToHorror – ed esteri, da Sitges al Night Visions di Helsinki. E presto, nel giro di qualche settimana, sarà anche nelle sale.
Stefano Cavalli