Lettera al Maestro d’Arte
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La vita è spesso strana, piena di impensabili coincidenze e nella seconda Venezia nella mia vita era forse destino che incrociassi ancora una volta il mio sguardo di spettatore con un’opera firmata da Maresco. La mia prima volta e ultima al Festival era stata nel 2004, era ovviamente un’altra Venezia, decisamente un’altra epoca, e Quentin Tarantino che era appena reduce dal doppio “Kill Bill” era stato chiamato a curare una rassegna dedicata ai b-movies italiani. A me interessava soltanto incontrare il mio regista-mito, andavo a vedere qualsiasi titolo inserito all”interno di quella particolare selezione sperando di trovarlo seduto in sala e tra i lungometraggi in programmazione c’era proprio un documentario che Maresco (all’epoca insieme al sodale Ciprì, prima che i loro percorsi si dividessero) aveva dedicato alla figura della coppia comica Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Devo confessare che lo guardai con l’aria un po’ affranta dal fatto che in sala non fosse presente Tarantino e ancora oggi, ripensandoci, vissi quella proiezione quasi come una fregatura di cui Maresco e Ciprì non avevano ovviamente colpa (riuscìì a rifarmi la sera dopo ma questa è un’altra storia). Ma per anni per me Ciprì e Maresco erano stati quello, gli autori di un documentario proiettato in una sera in cui a me interessava altro.
Inutile dirvi che quando a un certo punto de “La mafia non è più quella di una volta” diretto da Maresco e proiettato in questa edizione di Venezia 76, arriva una breve sequenza tratta da un film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ho avuto un colpo al cuore, una sorte di madeleine proustiana che di colpo mi ha riportato a quella Venezia là, ad un’altra età, ad un’altra epoca. Stavolta però non l’ho odiato quel momento perché ero felice di essere lì, presente a me stesso e alla mia passione che da spettatore mi aveva trasformato in un inviato della stampa.
È stato un attimo, un frammento di emozione personale stretto fra le schiaccianti immagini e le risate amare di cui “La mafia non è più quella di una volta” trabocca. E ancora una volta Maresco non c’è: nel 2004 gli avrei voluto dire quanto lo odiavo, oggi gli avrei voluto dire che non lo odio più. Che strana la vita con le sue coincidenze, con i suoi ritorni, con le sue emozioni che chiudo in valigia e riporto da questo viaggio. Ciao Venezia. Alla prossima.
Stefano Cavalli