
“Escargot, l’eterna bellezza delle piccole cose” al Funaro di Pistoia
15 Marzo 2019
Un viaggio all’interno delle varie forme dell’essere umano con “Il piacere dell’onestà” al Manzoni di Pistoia
17 Marzo 2019Riporto il discorso tenuto da questa studentessa svedese di 15 anni nel dicembre scorso alla Conferenza Mondiale sul clima, a Katowice in Polonia. (Greta è stata inserita nel Time nella lista dei teenager più influenti al mondo nel 2018 e proposta per il Nobel)
Di seguito un interessante articolo apparso già in novembre su questa Rivista del nostro collaboratore Renato Vagaggini.
Non c’è bisogno di tante parole, basta solo leggere attentamente e riflettere….
Alessandro Orlando
“Il mio nome è Greta Thunberg, ho quindici anni e vengo dalla Svezia. Molte persone dicono che la Svezia sia solo un piccolo Paese e a loro non importa cosa facciamo. Ma io ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza. Se alcuni ragazzi decidono di manifestare dopo la scuola, immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo lo volessimo veramente.
Voi dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, ma gli state rubando il futuro davanti agli occhi. Voi parlate solo di una crescita senza fine in riferimento alla green economy, perché avete paura di diventare impopolari. Parlate solo di andare avanti con le stesse idee sbagliate che ci hanno messo in questo casino.
Anche se la sola cosa sensata da fare è tirare il freno di emergenza. Non siete maturi abbastanza per dire le cose come stanno, state lasciando questo fardello a noi bambini. La nostra civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare un sacco di soldi. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Sono le sofferenze di molti che pagano il lusso di pochi.
Nel 2078 festeggerò il mio settantacinquesimo compleanno. Se avrò dei bambini probabilmente un giorno mi faranno domande su di voi. Forse mi chiederanno come mai non avete fatto niente quando era ancora il tempo di agire. Finché non vi fermerete a focalizzare cosa deve essere fatto anziché su cosa sia politicamente meglio fare, non c’è alcuna speranza. Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come tale. Noi dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema significa che dobbiamo cambiarlo. Non siamo venuti qui per pregare i leader a occuparsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo. Grazie”.
(Greta Thunberg)
Cambiamenti climatici: il pianeta terra è “febbricitante” e noi abbiamo il dovere di curarlo. È questa la vera sfida epocale di civiltà e di etica.
La sequenza di eventi calamitosi che si abbatte a scadenze sempre più brevi sul territorio italiano ma direi anche nel resto del mondo ci inducono a una riflessione di ampio respiro: le nostre esistenze e i nostri comportamenti devono fare i conti con l’andamento del clima globale. Il clima ha sempre condizionato le attività umane ma, da circa 100 anni, in modo massivo da 50 anni, la sua evoluzione naturale è compromessa dalle emissioni antropiche di gas “a effetto serra”.
Le tonnellate di CO2 di origine fossile attualmente rilasciate in atmosfera hanno portato la concentrazione agli attuali 400 ppm (leggi: 400 parti per milioni) quando il valore massimo da 800 mila anni a questa parte è stato di 300 ppm. La conseguenza di questa immissione anomala è un aumento della temperatura globale dell’ordine di 1 grado che potrebbe arrivare, se non prendiamo provvedimenti, anche a 5-6 °C, e un aumento del livello marino di 0,3 mm – fino a 1 m nel 2100, sempre secondo i comportamenti che si vorranno percorrere.
Questo ha portato gli scienziati a coniare una nuova “era” chiamata Antropocene: dopo il Cretaceo, il Giurassico termini geologici che sono divenuti “familiari” per i nostri figli che giocano con i dinosauri oggi siamo in una nuova era geologica (dal greco anthropos: uomo –cene: periodo) ……. in cui il protagonista, nel bene e nel male è l’uomo.
La consapevolezza del rischio climatico è una sfida di proporzioni mai viste per la specie umana e la sua attuale organizzata società, è fondamentale per la per la presa di coscienza del carattere di bene comune del clima globale e le conseguenti urgenti scelte di mitigazione e adattamento.
Ecco quindi che il comitato intergovernativo dell’ ONU sui cambiamenti climatici (IPCC) dal protocollo di Kyoto (2005) fino alla conferenza tenutasi recentemente in Corea del Sud (2018) ha disegnato uno scenario tanto chiaro nelle sue linee quanto fosco nelle previsioni: l’intero pianeta, o meglio i suoi 196 paesi, dovrebbero contenere l’innalzamento della temperatura entro 1 grado a partire da “domani” (1 grado lo abbiamo già guadagnato in questi decenni); oltre questo limite si andrebbe al collasso degli ecosistemi, con aumento dei livelli marini, sommersione di aree costiere densamente abitate e migrazioni di popoli (a confronto quelle odierne sembreranno ben poca cosa….), riduzione dei raccolti a fronte di un aumento della popolazione ( 9,5 miliardi di persone nel 2050), maggior frequenza ed energia di eventi estremi quali alluvioni in aree urbane, temporali, bombe d’acqua, esondazioni, uragani e tornadi, inverni con temperature anomale in montagna, scomparsa dei ghiacciai, scarse precipitazioni nevose invernali, ritiro del permafrost, ondate di calore nei periodi estivi in pianura….desertificazione di ettari di territorio; Alcuni esempi concreti?: Venezia, Rovigo saranno, con questo trend, sommerse, ma anche le isole Fiji, Rotterdam e Miami andranno sott’acqua; fronti di ghiacciai si ritireranno ulteriormente, uragani della potenza di Katrina (New Orleans, 2005) e di Harvey (Houston, 2017) si abbatteranno sul territorio con maggiore frequenza e, se possibile, con maggiore intensità.
Il pianeta terra è malato. L’uomo in quest’ultimo secolo, anzi negli ultimi 50 anni, è all’origine della sua malattia, ma nel contempo è riuscito a elaborare una diagnosi. Perfetto. Ora passiamo alla cura. La terapia per evitare aggravi (si noti bene: non per ristabilirlo) dovrebbe essere tempestiva e qui abbiamo il primo scoglio, poiché i 196 paesi che siedono alle conferenze sui cambiamenti climatici non la pensano allo stesso modo: ci sono paesi come gli Stati Uniti che non vogliono sacrificare il loro benessere e la loro crescita economica per alcun motivo al mondo, ci sono altri paesi che solo recentemente hanno conosciuto un trend di sviluppo e certo non vogliono rinunciare accusando i paesi già sviluppati di aver portato il pianeta a queste estreme conseguenze; tutto ciò si traduce in una serie di dichiarazioni accademiche d’intenti senza alcun reale riscontro decisionale e tanto meno operativo.
Eppure le cure ci sarebbero, a partire da un abbattimento dei combustibili fossili e un uso massiccio di energie rinnovabili, un minor spreco delle risorse del pianeta, maggior investimento anche tecnologico nella ricerca di soluzioni ecocompatibili e infine, cosa non da poco, una nuova “forma mentis”: la rinuncia alla corsa forsennata al consumo e al superfluo e la cognizione che ogni cosa possa e debba essere riciclabile e riutilizzabile, come facevano i nostri nonni.
Tutto questo è una sfida epocale, di civiltà, tecnologica ma anche etica, se non fosse perché noi abitiamo il pianeta terra ma, come si suole dire, non è di nostra proprietà, siamo di passaggio e dobbiamo lasciarlo ai nostri figli, ai nostri nipoti, alle future generazioni e non possiamo consumarne tutte le risorse e ridurlo a una discarica.
Riuscirà l’homo Sapiens a invertire la tendenza e, soprattutto, a farlo in tempi brevi? È proprio il caso di dirlo: ai posteri l’ardua sentenza.
Renato Vagaggini