
I traduttori contro l’appiattimento della lingua italiana
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22 Marzo 2019Biagio Comba. Ovvero un animo “grande così”, esattamente come la sua folta, curatissima barba.
Esistono al mondo miriadi di gruppi, associazioni, enti, organizzazioni, eccetera che si occupano di fare beneficienza, di dare aiuto a chi ne ha bisogno, o di svolgere una qualsiasi attività a favore dei più deboli, umani, animali o vegetali che siano. E tutti, ugualmente meritori per quanto fanno, hanno una loro organizzazione, proprie regole e propri criteri per reperire, iscrivere e far partecipare coloro che si riconoscono nei singoli temi o progetti perseguiti.
Tra i tanti, uno in particolare, fa della fratellanza e dell’aiuto reciproco il suo valore fondante, unito indissolubilmente a uno stile di vita, a pensieri nobili e al modo di rapportarsi con il mondo orientato verso la positività, ma che ha un elemento caratteristico assolutamente indispensabile per poter aspirare a entrare a farne parte. E non è una fede politica, calcistica, o chissà cos’altro. Non è l’appartenenza a un club, e neanche a un obbiettivo particolare da raggiungere. Assolutamente no. Il segno distintivo di cui parlo è l’avere la barba curatissima; si badi bene però, con dei requisiti particolari che non lasciano molto spazio all’interpretazione. Se la tua barba rientra nei canoni stabiliti dal fondatore puoi pensare di diventare uno di loro, altrimenti mettiti l’animo in pace e dedicati a qualche altra cosa.
Chiaramente sto scherzando, tranne su di una cosa: i Bearded Villains (di loro infatti intendo parlare) devono veramente avere la barba lunga almeno quattro centimetri a partire dal mento.
Ma chi sono in realtà i Bearded Villains? Ne parlo con l’unico pistoiese che al momento ne fa parte, Biagio Comba.
«Chi è Biagio Comba» inizio a incalzarlo senza fare neanche un grande sforzo di fantasia.
«Una persona di cinquantacinque anni, che fa il barman a Montecatini, abita a Pistoia e ha una discreta barba. Fa parte di un gruppo, o meglio di una “fratellanza” a livello mondiale che si chiama Bearded Villains. Io appartengo al gruppo italiano dei Northern Squad Italy, che conta circa un centinaio di iscritti. In Italia il nostro movimento è attivo dal 2015 quando prese forma il primo capitolo italiano (il territorio viene attualmente diviso in Chapters – capitoli). In Italia oltre a noi esistono i Bearded Villains Italy e i B.V. Sardinia Chapter».
«Biagio, tu lavori a Montecatini, hai lavorato fino a poco tempo fa anche a Prato, vivi a Pistoia, ma non sei toscano. Quindi mi tocca per forza domandarti da dove vieni e perché hai deciso di vivere qui».
«Tutto molto semplice.» risponde sorridendo. «Sono nato in un piccolo paese dalle parti di Torino e mi trovo a Pistoia per motivi sentimentali. Sono contentissimo di vivere in questa splendida città secondo me troppo sottovalutata, perché la trovo decisamente a misura d’uomo. Devo anche ammettere che mi sento molto pistoiese anche se sono soltanto cinque anni che ci abito. E lo dico avendo viaggiato molto per lavoro e vissuto in tante parti d’Italia e per moltissimi anni anche in Costa Azzurra».
«Detto così, sembrerebbe quasi che tu abbia fatto il commesso viaggiatore. Invece il tuo mestiere è?».
«Sono un barman e maestro gelatiere. E sono diventato ciò che sono grazie alla mia grande passione per il gelato ma soprattutto per la mia estrema curiosità e voglia di imparare. Infatti ho iniziato a lavorare offrendomi come apprendista quando in una gelateria ho sentito i due titolari che si lamentavano per il fatto che il loro commesso non avrebbe più lavorato lì. “Non so fare niente” ho candidamente ammesso, “però ci posso provare”. E loro mi hanno preso. Ammetto anche che devo tantissimo ai miei genitori che mi hanno sempre permesso fin da ragazzino di andare l’estate dai miei parenti a Marsiglia. Questa è stata la scuola migliore che potessi mai desiderare. Essere un italiano all’estero, in Francia negli anni ’70 non era facilissimo, ma per me era stimolante al massimo. Poi, andando avanti negli anni ho messo su una mia attività e, sempre desideroso di proporre cose nuove, oltre ai gelati ho iniziato a abbinarci liquori e distillati, dopo però aver fatto diversi corsi di qualificazione ed esperienze lavorative nelle discoteche. Curiosità, sperimentazione e passione per ciò che facevo sono state la mia molla. La stessa passione che già all’età di 25 anni ho avuto per la barba».
«Senti Biagio, il tuo profilo facebook, che se non ti offendi trovo decisamente scarno ma allo stesso tempo affascinante, non ha post, risposte a post, interventi, faccine e like. Vi sono invece tantissime splendide fotografie. C’è un motivo particolare?».
«No, anche se io trovo che facebook sia un mezzo nel quale è molto più facile travisare un pensiero anziché accettarlo per quello che è. E io non commento semplicemente perché non ho il piacere di creare una discussione. Io ritengo che alcuni argomenti se affrontati viso a viso sono una cosa, ma se di una discussione si prende magari una semplice frase, scritta a volte con una sintassi non perfetta o con una punteggiatura fuori posto, questa può venir letta, o peggio interpretata, in maniera assai diversa anche dalle intenzioni del suo autore. Per cui, per non alimentare discussioni, evito. Se poi consideriamo che facebook è nato principalmente come mezzo di ricerca delle persone conosciute e delle quali si erano perse le tracce, quale mezzo migliore di una fotografia esiste per dare nuovamente vita a ciò che eri o che adesso sei quando ti presenti ai vecchi o nuovi amici?? In una immagine ci sono i ricordi e il presente. C’è chi sei stato e ciò che sei diventato. E poi la vita reale non è certo facebook. Quella l’affronto direttamente con un conoscente o un amico o al limite in un incontro magari occasionale nel quale abbiamo però la possibilità di confrontarci utilizzando un’ampissima gamma di modi che vanno dalle parole ai gesti, dagli odori alla vista. Una parola pronunciata assieme a un gesto della mano e a un tono di voce ha un senso completamente diverso dalla stessa pronunciata e gestualizzata in modo diverso. È per questo che io preferisco la comunicazione attraverso Instagram, le sue immagini e poche scarne didascalie».
«Restando nel campo strettamente personale, ho notato che le foto che tu posti danno un’idea di un Biagio Comba che presta una particolare cura alla propria immagine. Io l’ho letta però non come espressione di un accentuato edonismo, ma come la manifestazione di un puro senso estetico che sembra appartenerti. In questo, quanto influisce, ammesso che lo faccia, il tuo rapporto affettivo con un famosissimo personaggio che “del far apparire” ne ha fatto arte oltre che farla diventare una attività apprezzata in campo internazionale?».
«Tra noi esiste un rapporto molto forte e molto sentimentale, ma questo credo che non influisca in maniera particolare su quello che io sono o sul mio senso estetico. Forse è la mia parte narcisistica, quella che poi ognuno di noi ha, a emergere in maniera particolare quando devo pubblicare una mia immagine. Altra cosa è il nostro splendido rapporto». E mi accorgo che Biagio pronuncia queste ultime parole con un’evidentissima nota di emozione nella voce, mentre prosegue raccontandomi sorridendo il modo burrascoso nel quale la sua storia è iniziata.
«Sempre per dare un’idea del personaggio, ho scoperto che tu hai lavorato anche per Lady Gaga, star internazionale. Cosa puoi dirmi di lei?».
«È successo quando lavoravo a Milano in una famosissima discoteca. Per un’intera settimana sono stato il suo barman di fiducia, preparando per lei ogni sorta di bevanda. È una persona bellissima, molto diversa da quello che è il suo personaggio, e molto meno esigente di quanto si potrebbe essere portati a pensare. Nel suo privato è molto più simile a tutti noi di quanto solitamente ci viene fatto credere. Ma questo avviene per tantissimi altri personaggi famosi».
«Biagio Comba però è anche qualcosa di più di quanto non stia emergendo da questa prima parte della nostra chiacchierata. E come accennato in apertura, fa parte di un qualcosa di molto particolare. Vuoi parlarmene?».
«Come già detto, faccio parte della fratellanza dei Bearded Villains, un movimento che nasce negli Stati Uniti nel 2014 da un idea di Von Knox, e ha lo scopo di accomunare sotto un’unica insegna i beard men del mondo. Quindi gente di tutte le razze, culture, credo e orientamento sessuale. I nostri principi inderogabili sono oltre alla fraternità, la famiglia, la lealtà, la gentilezza, il rispetto di tutte le persone e il desiderio di carità. Il segno distintivo che per primo ci accomuna è ovviamente la barba».
«Compito del cronista è ovviamente anche quello di proporre domande che possono a volte sembrare “scomode”. Perciò ti chiedo: l’obbligare un possibile aderente all’avere per forza una barba come quella imposta dalle regole, non è un limite, una forzatura o un motivo di esclusione?».
«No, assolutamente» risponde deciso «Perché nessuno è obbligato a far parte della nostra comunità. Chi lo fa è solo perché ha piacere di condividere con altri, oltre ai principi anche queste regole, che poi sono molto semplici. Oltre alla barba, una tra tutte ad esempio è quella di evitare sui nostri canali social di attivare discussioni o parlare di argomenti che possono essere oggetto di possibili opinioni diverse che potrebbero alimentare situazioni divisorie. Ad esempio noi non parliamo assolutamente di politica. La barba invece rappresenta, oltre che un fenomeno di moda, semplicemente uno stile di vita e un modo di vivere che è diverso per ciascuno di noi».
«Parliamo della simbologia che accompagna i Bearded Villains. Non solo barba, ma bandiere, spade incrociate, Capitoli, Capitano e Scout per indicare lo schema organizzativo»
«Partiamo dall’inizio. Non tutti vengono ammessi a far parte dei Bearded, proprio perché come ho cercato di spiegare non è un qualcosa di razionalmente codificato, ma piuttosto di un “sentire”. Se hai la barba, ma non hai insiti in te i principi fondanti, non sarai mai uno di noi. E proprio per capire chi e cosa sei, esiste la figura dello Scout, che è colui che ti affianca per alcuni mesi e alla fine decide se sei idoneo a diventare un beard men. Le bandiere sono invece un simbolo che identifica l’ingresso nel Capitolo. Ve ne sono principalmente di due colori, bianca e nera e vengono assegnate quando si raggiunge un livello adeguato a quelli che sono i nostri valori. Vi sono poi quelle che distinguono i singoli raggruppamenti nazionali, oppure il simbolo del cappello o del bastone per distinguere un risultato positivo da uno meno. Abbiamo inoltre diverse patch che definiscono il singolo rank (rango) all’interno di un Capitolo. Può sembrare complicato, ma dato che il movimento è mondiale, i simboli servono appunto per capirci tra noi in maniera semplice. E Capitoli e Capitani sono i segni distintivi di come siamo organizzati e delle nostre gerarchie. Stabilire ruoli, compiti e livelli è qualcosa di indispensabile in ogni organizzazione. Una nave senza comandante è destinata a restare ferma oppure a schiantarsi sugli scogli. I Capitani sono figure di riferimento, al pari di altre, quali ad esempio coloro che si occupano della comunicazione. Tutto è chiaramente fatto su basi volontarie, soltanto per il piacere di farlo».
«Villain in lingua inglese, se non sbaglio clamorosamente, significa qualcosa di molto simile a “cattivo”. Non sembra un termine molto positivo, dato che voi siete tutto fuorché cattivi. Perché è stato scelto?».
«Direi che la traduzione più vicina e che ci rappresenta è “villano” ma mutuato in senso positivo. Anche questo però rappresenta il nostro modo di vivere, la nostra provocazione. Siamo dei villani, siamo l’uomo nero, quello con la barba, quello che può sembrare il lupo cattivo delle favole che poi cattivo non è mai anche perché è quello che ci rimette sempre. Diciamo che a noi piace anche giocare con questo tipo di immagini che possiamo dare».
«Abbiamo detto che siete un’associazione che ha come scopo primario il fare del bene».
«Esatto. E questo avviene in vari modi. Dal raccogliere cibo per gli animali di un canile, al fare raccolte di fondi da destinare a un ospedale per bambini, sino a consegnare una coperta o generi alimentari a chi ne ha bisogno. Cosa importantissima è che tutto avviene direttamente e che ogni donazione, sia destinata a organizzazioni che a privati viene consegnata personalmente da qualcuno di noi. Generalmente queste iniziative si sviluppano principalmente durante i meeting che periodicamente organizziamo. Il prossimo ad esempio sarà il 23 e 24 marzo a Modena».
«Quindi, non è su un singolo tema che voi vi impegnate, ma su una varietà di interventi dettati da una proposta che viene successivamente accolta?».
«Sì, proprio così. Accade in questo modo proprio perché siamo un insieme di persone talmente diverse e portatrici ognuna di passioni e interessi apparentemente personali, che soltanto una volta fatte proprie dagli altri fratelli Bearded trovano poi un canale comune».
«Senti Biagio, quale ulteriore provocazione ti chiedo se esiste una qualche vicinanza tra i nuovi barbuti quali siete voi e altri famosi barbudos del recente passato quali Fidel o il Che?»
«Nessuna comunione politica perché questa noi la lasciamo comunque fuori. Se invece ci riferiamo alla parte legata al socialismo, alla comunione, all’idealismo di credere in un mondo senza contrapposizioni, anche quella è nostra, come lo è stata per tantissimi altri “barbuti” più o meno famosi e che magari non hanno fatto della politica la loro bandiera».
«Ultima domanda. Il tuo sogno nel cassetto?»
«Il sogno nel cassetto di Biagio Comba è quello comune a tutti noi, essere cioè sereno, che secondo me è la cosa più bella che si possa desiderare. Come bearded Villains è invece riuscire a partecipare al maggior numero possibile di nostri meeting e avvicinare al nostro movimento quanti più amici possibile».
«Quindi è questo quello che farai da grande?».
«Quando lo diventerò credo proprio di sì.» conclude con un’allegra risata.
E proprio su quella, contagiosissima risata, si conclude la mia chiacchierata con Biagio Comba, il nostro beard man, il “lupo cattivo” delle favole che, proprio come l’originale, altro non è che una persona fantastica.
Enrico Miniati