La difficile ricerca di una vera professionalità per un lavoro che non sempre viene tenuto nella dovuta considerazione, né remunerato giustamente.
Per Arteventi news abbiamo incontrato al Festival del Giallo 2019 la traduttrice Alessandra Petrelli ed abbiamo parlato con lei dell’importanza che hanno i traduttori nel non appiattire la “lingua”.
Dice infatti la Petrelli spiegandoci il suo punto di vista:
“A mio parere noi traduttori dobbiamo essere consapevoli che con le nostre scelte traduttive influenziamo la lingua, proprio in quanto siamo la “voce” con la quale i lettori italiani vengono a conoscere gli autori stranieri. Ogni nostra scelta non è solamente linguistica, ma ha una più grande valenza culturale, in quanto ogni traduzione è una “riscrittura” del testo originale. Se un testo è piatto in origine, è evidente che non si può fare molto per renderlo più articolato, ma dovunque la scrittura originale sia più complessa, è doveroso cercare di conservare il più possibile le sue particolarità.”
Il suo intervento insieme agli scrittori evidenzia anche il rapporto con i giovani studenti, che si non devono sempre affrontare pesanti ‘classici’ , che forse li allontanano dalla letture, ma neanche appiattire la lingua e le fatiche. Un poco di fatica va fatta sui testi , testi che devono stimolare, incuriosire, ma non necessariamente essere facili.
“Per quanto riguarda le letture classiche per gli studenti, penso che siano importanti, ma penso anche che vadano presentate nel modo giusto, proprio perché sono lontane dal mondo dei ragazzi. Ciò non vuol dire che si debba sempre “addomesticare” e semplificare ogni cosa, soprattutto perché le parole ci servono per definire e capire il mondo, e meno ne conosciamo, più povera sarà la nostra visione delle cose. E comunque non bisogna mai sottovalutare le capacità dei ragazzi! C’è chi si arrende, ovviamente, ma anche chi viene motivato e incuriosito da una lettura più complessa”.
Ma cerchiamo di conoscere meglio Alessandra.
Nasce a Milano dove completa gli studi con una laurea in germanistica.
E’ l’amore per la lettura che l’ha portata fin da giovanissima ad amare i libri e poi la lingua tedesca. Dopo il Liceo la scelta era tra la scuola interpreti e l’Università. Scelta questa ultima, ricorda quegli anni di faticoso studio e di piacevoli e interessanti incontri.
Ancor prima di laurearsi iniziò la sua attuale attività inviando traduzioni a varie case editrici milanesi, proponendosi come traduttrice dall’inglese e dal tedesco, sino a quando una di queste le dette fiducia. Cominciò in questo modo il suo lavoro di traduzione che non si è mai interrotto.
“Per 6/7 mesi ho lavorato anche per una casa editrice. Ho così potutto vedere “dall’interno” come si costruisce un libro e riconosce che in seguito questo e mi è servito molto. “
Poi nel corso della carriera si è trasferita con la famiglia a Pistoia dove vive da oltre vent’anni.
Nicholas Sparks, Charlotte Link, Jan Philipp Sendker, Kerstin Gier, alcuni degli autori tradotti da Alessandra in questi ultimi anni.
“I ragazzi oggi dopo soltanto tre anni di studi, frequentando una scuola per interpreti o traduzioni, come tante ne sono proliferate in Italia, pensano già di poter fare questo lavoro, ma sbagliano. Occorre l’esperienza, la professionalità, che si acquisiscono solamente facendo la ‘gavetta’, con il sacrificio, e nel tempo.”
Nel corso del nostro dialogo affrontiamo anche il tema delle case editrici che si affidano spesso ai soliti traduttori, non lasciando spazio alle nuove leve.
Alessandra pur confermando in parte questo concetto, aggiunge però che spesso questa loro scelta è dovuta quasi esclusivamente al rapporto di fiducia che si instaura tra editore e traduttore e non per l’esistenza di una lobby intoccabile.
“Il traduttore viene pagato a cartella, la vecchia pagina dattiloscritta. C’è da dire che in Italia i traduttori sono pagati meno che in altri paesi europei. In Gemania, ad esempio, il compenso è quasi il doppio.”
Quindi una ulteriore difficoltà per i tanti giovani che vogliono intraprendere questa bellissima professione.
Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole fare il tuo lavoro: “ Intanto di studiare. Studiare tanto. Tanti vocaboli. Arricchirsi di vocaboli e dimenticare quasi il dizionario. Perchè per tradurre bene , senza perdere le sfumature, bisogna non interrompersi cercando continuamente i termini su di un libro. Poi consiglierei di provare a tradurre gli scritti di un autore poco conosciuto o emergente, e proporre poi la traduzione alle varie case editrici sperarando di cogliere nel segno!”
Come è il tuo rapporto con gli scrittori: “Non necessariamente si deve conoscere in maniera approfondita l’autore del libro che si deve tradurre. Io preferisco ascoltare l’anima del libro e restituirlo ai lettori italiani così come lo ha creato lo scrittore. Si pensi che ultimamente si è osato anche riconsiderare alcune traduzioni di mostri sacri come ad esempio la Pivano, esclusiva e bravissima traduttrice del grande Ernest Hemingway. Ebbene, lei stessa, essendo scrittrice, però era portata a riscrivere il romanzo dell’autore, più che a tradurlo. E quindi dava ai lettori italiani una cosa che non era più di Hemingway, ma sua. Io con il mio lavoro cerco di trasferire fedelmente lo scritto dell’autore nella nostra lingua. “
Cosa cercano gli editori, quantità o qualità ?
“Alcune ad esempio esigono vere e proprie prove pratiche prima di assegnare una traduzione e quindi puntano sulla qualità. Altre case editrici un poco meno.”
Purtroppo, si traduce molto e si legge poco, aggiunge Alessandra Petrelli, confermando quanto già affermato anche degli scrittori del Festival e le riflessioni di librai e operatori del settore.
Speriamo che questa tendenza si inverta -conclude- a partire dal dare una maggiore fiducia al lavoro dei giovani, che sono il nostro futuro.
Laura Filoni

Alessandra Petrelli al Festival del Giallo Pistoia 2019