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22 Febbraio 2019Alcune volte il genio che attraversa il firmamento della scienza deve fare i conti con le vicissitudini della propria vita e del momento storico, non sempre infatti le scoperte scientifiche sono nate nel migliore degli ambienti possibili ma forse proprio questo è l’innesco per una miglior riuscita….
Un esempio che incarna tutto questo è Albert Einstein (14 marzo 1879, Ulma, Germania– 18 aprile 1955, New Jersey, Stati Uniti). Se avesse ottenuto immediatamente, magari raccomandato, una facile cattedra universitaria in una prestigiosa università avrebbe raggiunto forse prima e meglio le conclusioni della fisica moderna? Non lo sapremo mai. La storia ci narra ben altro a partire dagli inizi del suo percorso di studio: il primo mito da sfatare è che non fosse uno studente “modello” e oltretutto in matematica; in realtà fu uno allievo brillante, naturalmente considerava la conoscenza fornitagli dagli insegnanti ben poca cosa anche in relazione agli atteggiamenti “marziali” del corpo docente teutonico.
Quindi non tanto problemi di rendimento quanto d’insofferenza ambientale. Anche gli anni della sua formazione universitaria furono caratterizzati da una totale incomprensione con i professori e le istituzioni accademiche. Il genio non intrepretò il ruolo del docile studente alla corte del professore di turno, all’inizio seguì assiduamente le lezioni ma poi preferì disertare e studiare per proprio conto. Certo non un bel biglietto da visita. Egli infatti fu promosso ma fu l’unico tra gli studenti a non ottenere un posto all’interno dell’ambiente accademico.
Dopo vicissitudini professionali e familiari di ogni genere ottenne, con gran fatica, un lavoro di otto ore all’ufficio brevetti a Berna in Svizzera, e dovette barcamenarsi tra le esigenze di sopravvivenza -nel vero senso della parola- e l’elaborazione delle sue teorie; In seguito, nonostante tutto, il mondo accademico non poter fare a meno di considerarlo ma non certo senza frizioni; già a suo tempo era stato corrosivo nel suo giudizio del mondo scientifico: “è veramente spaventoso pensare agli ostacoli che questi vecchi filistei pongono sul cammino di chiunque non sia della loro cricca”. Forse si comprende perché il Nobel gli fu assegnato per gli studi sull’effetto fotoelettrico e non per l’impianto rivoluzionario della relatività “ristretta o speciale” prima e “generale” poi…(!!).
La meccanica quantistica che precede la sua rivoluzione è il prodotto di un contingente di scienziati formidabili (tra cui lo stesso Einstein) ognuno dei quali produce un idea o un assioma contribuendo, come in una sorta di puzzle, alla ricostruzione della fenomenologia; la teoria della relatività è il prodotto della mente e delle intuizioni di una singola persona; Einstein appartiene a un altro mondo: la sua conoscenza della materia non sarebbe bastata se non fosse stata accompagnata dalle sue intuizioni, dalla sua immaginazione della realtà e dei suoi processi; chiunque abbia assistito a una lezione di fisica sa bene come è difficile, osservando le equazioni, interpretarne la realtà e applicarle ad essa, cosi come il regista della squadra di calcio cerca di disporre il gioco con la sua capacità di osservare “a volo di uccello” gli uomini in campo.
Anche oggi con il progresso che ha velocità impressionanti i premi Nobel vengono assegnati spesso a gruppi di lavoro, a due tre persone che insieme collaborano per raggiungere un obiettivo o per confermare un fenomeno, un’ipotesi di partenza. In quel momento Einstein “da solo” dispiega le sue facoltà intellettive insieme a quelle di “sognatore” …
Dal punto di vista pubblico Einstein assunse, suo malgrado, un ruolo piuttosto ambiguo: fu accusato dai detrattori di aver condotto il mondo sul baratro della guerra nucleare. “in primis” a causa dei suoi studi scientifici: la famosa formula E=mc2 enuncia un fenomeno senza precedenti: un corpo può convertire la sua massa in energia; nel processo di fissione nucleare gli atomi innescati rilasciano piccole quantità di energia tramite flussi, a loro volta questi flussi colpiscono altri atomi che decadono e rilasciano energia ancora come flussi: questa è la classica “reazione a catena”, non controllata, alla base degli ordigni nucleari.
Inoltre Einstein nel 1939 scrisse una lettera al presidente americano Roosevelt; nella lettera egli metteva in guardia la potenza americana sugli studi in corso in Germania per la creazione di un nuovo ordigno e invitava il Presidente ad avvantaggiarsi rispetto al nemico. Roosevelt non perse tempo e istituì il “progetto Manhattan” a cui parteciparono numerosi scienziati ma non Einstein. Il genio riteneva che bisognasse difendersi dalla barbarie nazista, lui che era di origine ebrea, ma era un profondo antimilitarista, pensava si dovesse ricondurre al dialogo e alla ragionevolezza gli scontri tra uomini che invece si risolvevano con le guerre. Ecco perché i responsabili del progetto non lo chiamarono a far parte del gruppo di lavoro: lo ritennero poco convinto e temevano non avrebbe mantenuto il segreto.
Per altro verso Egli divenne modello del XX secolo: la figura del saggio scienziato che predicava umiltà, sosteneva il disarmo dopo due guerre mondiali e censurava l’era nucleare al servizio della violenza incantò intere generazioni. Molti associano alla sua persona la frase “non so con quali armi si combatterà’ la terza guerra mondiale, ma so con quali la quarta, con archi e frecce” ad indicare il panico nucleare prodotto della “guerra fredda”, ma sembra che Einstein non abbia mai detto ciò, mentre nei suoi scritti si legge “…se non la si impedisce e’probabile che una nuova guerra porti distruzione su una scala ritenuta impossibile prima e anche ora difficilmente concepibile e che solo poche tracce d civiltà sopravvivrebbero”; frase forse con meno effetto ma ugualmente efficace. Nella società post bellica che aveva bisogno di certezze, complice la nascita e la diffusione dei mass media (giornali, radio televisione) una mente eccelsa rimase impressa nell’immaginario collettivo.
La fisica quantistica aprì le porte alla Rivoluzione Industriale, il suo studio produsse le basi per le applicazioni più disparate, dall’elettricità a i treni a vapore; la teoria della relatività einsteiniana introdusse concetti come spazio-tempo, velocità, massa, energia… tutti concetti applicabili al cosmo come agli atomi; termini come viaggio nel tempo, buchi neri, stato della materia, universo in espansione, ordigni nucleari divennero e sono ancora oggi appannaggio della gente comune, poiché molto accattivanti, intriganti……
E, per concludere, a distanza di decenni, se parliamo di GPS, cellule fotoelettriche, laser è perché una teoria scientifica elaborata da una singola mente ancora non ha esaurito la sua portata, la sua potenzialità, la sua applicazione al nostro mondo.
Scusate se è poco (!!!).
Renato Vagaggini