
Uno sport come percorso di vita.
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Montecatini Terme, o più semplicemente Montecatini come noi siamo soliti chiamarla, è una città nata senza mura e forse anche per questo particolarmente incline all’accoglienza e all’ospitalità. Montecatini, che deve all’acqua il suo benessere economico, proprio come nell’acqua milioni di visitatori ogni anno trovano il benessere per il corpo. Montecatini, che è stata la città frequentata assiduamente da importantissimi uomini di cultura, uno fra tutti Giuseppe Verdi, e che ancora oggi è meta di un turismo colto e raffinato. Montecatini, la ville d’eaux italiana, luogo del bien vivre e di loisir; di bellissime donne, di eventi, di musica e storia. Montecatini con le sue storiche terme e i suoi edifici cresciuti in un periodo nel quale la forma e la sostanza si sono sapientemente coniugate dando vita a un rarissimo esempio di bellezza architettonica, sia residenziale che produttiva. Montecatini, la città degli alberghi e proprio per questo la città del lavoro. Montecatini, un piccolo “non capoluogo” che è riuscito in un passato recentissimo a organizzare e realizzare un Campionato del Mondo di Ciclismo. Montecatini, culla dell’ippica e città dove il basket la fa da padrone.
E di tutto questo, oltre che d’altro, oggi parlo con il suo Primo Cittadino: Giuseppe Bellandi.
Vicino ai settanta, sposato e con due figli, già valentissimo medico chirurgo e direttore del Dipartimento Radiologia presso l’Usl 3 di Pistoia, è alla guida amministrativa della città termale per la seconda volta. Quasi dieci anni di lavoro dei quali è giustamente orgogliosissimo.
Non conoscevo Giuseppe Bellandi, anche se ovviamente per la vicinanza con la città dove risiedo ne avevo sentito parlare molto, e ammetto che mentre salivo l’ampio, stupendo e scenografico salone del Palazzo Comunale di Montecatini, forse proprio per quell’aria di imponente serietà che questo trasmette, mi preparavo mentalmente a incontrare una persona molto diversa da quella che poi si è rivelata essere il sindaco di Montecatini.
Giovanile, sorridente, elegantemente vestito con curata sobrietà, mi accoglie come se ci conoscessimo da sempre, con una stretta di mano forte e sincera, lasciandomi il dubbio di averlo già conosciuto o comunque di averlo già visto da qualche parte.
Immediatamente si rivela un ottimo parlatore, e dalle sue parole, ma ancor più dall’espressione che di volta in volta assume il suo volto, si capisce immediatamente che tutto ciò che dice è esattamente quello che pensa. E, anche se potrà sembrare strano, la parte più bella di quell’intervista è stata quella che non ho registrato. Quei minuti nei quali, nel tentativo di conoscerci e di “rompere il ghiaccio”, si parla tentando di stabilire un contatto. Parole, concetti, frasi e pensieri i suoi, svincolati da quella che è la normalissima logica che intercorre tra intervistato e intervistatore, espressi con naturalezza, cordialità e sapienza. E anche in quella nostra semplice chiacchierata basata su “tutto e nulla”, i suoi occhi, a loro volta, non hanno mai smesso di “parlare”.
Oltre a essere il sindaco di una città importante, chi è Giuseppe Bellandi? – è la mia prima domanda.
Una persona normale che ha avuto dai suoi concittadini l’onore di essere chiamato alla guida della città per ben due volte. Dando per scontato che parlare di se stesso non può risultare molto oggettivo, posso però dire di essere una persona che ha fatto un percorso lungo, fortunato e guidato da due bellissime famiglie: quella che mi ha fatto crescere, cioè il babbo e la mamma, e quella che poi assieme a mia moglie abbiamo creato con i nostri due figli.
Ovviamente per parlare di me e di come sono, occorre partire dal contestualizzare proprio il periodo in cui mi sono formato e cioè il dopoguerra prima, la ricostruzione poi, il sessantotto con i suoi formidabili anni e il mio ingresso da studente nell’università. Poi la specializzazione in radiologia, l’incontro con mia moglie e il lavoro che mi ha dato tantissimo sia dal punto di vista professionale che da quello umano, perché, al di là del fattore tecnico che era dato dall’uso di macchinari sempre più sofisticati e precisi, io non ho mai dimenticato nel rapporto con i pazienti quello che è il fattore “uomo”.
Lei è stato per tantissimi anni uno stimatissimo medico chirurgo. Una delle doti che anche adesso che è un politico molti le riconoscono è quella di saper instaurare con tutti degli ottimi rapporti. Quanto conta in questo aver esercitato una professione come la sua?
Per me moltissimo. Anche se rispetto a ogni cosa che lo studio o il lavoro ti può aver dato o insegnato, niente potrà mai essere uguale a ciò che è riuscita a trasmetterti la famiglia. E devo riconoscere che moltissimo di ciò che oggi sono lo devo a mio padre e al suo esempio. Da lui ho imparato a dare la stessa identica considerazione sia al paziente che si presenta con un problema piccolissimo – ma che per lui in quel momento è incredibilmente importante – sia a chi ha realmente bisogno perché attraversa una vera crisi sanitaria.
La sua città è il comune con la più alta percentuale di cittadini stranieri rispetto agli altri comuni della Provincia di Pistoia. Esiste un perché? E qual è il rapporto con queste comunità?
Credo che sia dovuto al fattore “città aperta” e alle moltissime occasioni di lavoro che da sempre Montecatini ha saputo offrire. Da qui la presenza delle diverse comunità di stranieri che si sono nel tempo inserite nel tessuto cittadino. Ovviamente tra le opportunità che una città come la nostra offre a tutti, vi sono anche quelle non “correttissime” e proprio per questo occorre stare particolarmente attenti. Metto quindi anche in quest’ottica il rapporto numerico tra i cittadini italiani e i nuovi montecatinesi che è di cinque a uno, e risulta essere un dato importante. Ma il mio discorso è riferito anche al fatto che spesso la vera difficoltà non è il rapporto locali – stranieri, ma proprio quello tra le diverse comunità che a volte faticano a integrarsi in primis tra loro. È un mondo complesso quello nel quale oggi viviamo e del quale occorre prendere atto, dato che tutto ciò è ormai inevitabile, compreso il rischio di doversi confrontare con qualcuno – e non parlo logicamente dei soli stranieri – che pensa di potersi approfittare del fatto di trovarsi in una città aperta come Montecatini, da sempre dedicata al turismo, con tutto ciò che questo inevitabilmente comporta.
Lo spirito della nostra rivista, principalmente non politica, mi porta a chiederle anche cose che possono apparire slegate da ciò che sino ad ora ci siamo detti. Ad esempio, tra le cose curiose che ho trovato sul sito web del Comune, una in particolare mi ha colpito: Montecatini è il comune con la più bassa percentuale di coniugati dell’intera provincia ed è il secondo comune per divorziati. È dovuto soltanto al caso?
Non sono uno psicologo e neanche un esperto del settore, e quindi rispondere mi è difficile, anche perché io credo molto nell’istituzione “famiglia”; però, anche se non amo molto questa statistica, credo che rispecchi anch’essa il momento difficile nel quale viviamo, oltre a essere questa collegata a quanto ci dicevamo poc’anzi. Ad esempio, oggi si sceglie di convivere anziché sposarsi, anche a causa delle attuali difficoltà economiche che rendono spesso problematico il solo pensare di crearsi una famiglia “normale”. Inoltre, l’essere un quinto dei cittadini di Montecatini di origine straniera rende ovviamente più difficile lo stabilire tra loro delle unioni stabili. Mentre per quello che è il fattore divorzi, credo che sia soltanto una statistica che non ha alcun collegamento con la città.
Io so che lei ama praticare due sport: il ciclismo e l’equitazione. Il secondo però con una particolarità inusuale: lei è un fantino.
È vero, io amo da sempre la bicicletta, mentre rispetto al cavallo non è esatto chiamarmi fantino. Dovrei piuttosto essere definito un “guidatore” di cavalli, perché pratico il trotto ma soltanto per puro divertimento. D’altra parte siamo a Montecatini e qui abbiamo il Sesana, uno degli ippodromi più famosi d’Italia. Il tutto è nato comunque in seguito a un’occasione benefica nella quale mi hanno chiesto di cimentarmi in questo sport, cosa che ho accettato con entusiasmo. Insomma, per amore della mia città e nel tentativo di dare comunque risalto a quell’iniziativa alla quale ho accennato – prosegue sorridendo divertito come farebbe un ragazzino – ho seguito anche il consiglio di qualche concittadino che mi invitava a “darmi all’ippica”. Poi la cosa mi è piaciuta e quindi ho continuato a divertirmi guidando un sulky.
Restando in tema di sport, a Montecatini chi la fa da padrone è il basket. Però, dai fasti di qualche stagione fa e ai derby con Pistoia, siamo adesso alla situazione attuale con la squadra in B. Lei segue questo sport?
Lo seguo principalmente come tifoso, anche se ovviamente confrontarsi e dare sostegno alla società è anch’esso uno dei compiti del sindaco. Rispetto alla squadra invece, dopo i bellissimi tempi della serie A, devo convenire che forse quello della B è attualmente il nostro giusto spazio. D’altra parte lo sport professionistico ha dei costi enormi ed è sempre più difficile trovare sponsor disposti a impegnarsi economicamente in un qualcosa di diverso dal calcio. In ogni caso, sindaco o no, io principalmente mi sento soltanto un tifoso con il cuore rosso blu.
Restiamo in tema di ciclismo, andando però adesso nel suo “privato”. Il fatto che suo suocero avesse un’attività legata al mondo delle bici, ha per caso qualche attinenza con l’averne poi sposato la figlia? Insomma, possiamo dire che “galeotta fu la bici?”.
La mia domanda non lo imbarazza per niente, anzi, con quella riesco persino a strappargli un sorriso divertito prima che senza pensarci un momento risponda convinto.
No, assolutamente, perché casomai galeotta fu la figlia, non il padre. Però mi dà l’occasione per parlare di mio suocero, un’altra delle persone che mi ha saputo insegnare tantissimo e non soltanto rispetto al mondo del ciclismo che lui amava sinceramente. Era una persona preparatissima e disponibile con tutti. E quindi a lui devo, oltre alla figlia, anche la mia attuale passione per la bicicletta. E, parlando di ciclismo, io ho avuto anche la fortuna di poter conoscere il mitico Alfredo Martini, vero maestro di vita oltreché persona dotata di un entusiasmo contagioso. Era preparatissimo e sempre felice di parlare di tutto e con tutti, ma anche capace di non dare risposte se riteneva di non esserne all’altezza.
Montecatini è un luogo frequentato da persone provenienti da tutto il mondo. I suoi stabilimenti termali erano e sono famosissimi per le loro proprietà terapeutiche ma anche per il loro valore architettonico. Oggi purtroppo ve ne sono alcuni che versano in condizioni disastrose. Lei può darci qualche anticipazione su eventuali progetti di recupero o riqualificazione?
È chiaro che Montecatini ha un’identità ben precisa e questa è data innegabilmente dalle terme e dal relativo indotto. Un sistema produttivo che quindi deve essere difeso sia come attività che come strutture. Come al solito però ci scontriamo con il problema delle risorse che mancano. Ma questo è un problema nazionale, perché rispetto alla necessità di manutenzione e conservazione di un patrimonio come il nostro le risorse disponibili sono a dir poco esigue. Restando però a Montecatini, una delle azioni che come Amministrazione abbiamo intrapreso oltre all’adesione all’EHTTA, cioè l’Associazione delle Città Storiche Termali, è stata quella di perorare al pari delle altre undici grandi stazioni termali europee, l’inserimento nel patrimonio dell’UNESCO “Great Spas of Europe”, cosa che ci darebbe, se attuata, la possibilità di fare una grande operazione di restauro delle nostre strutture storiche.
C’è qualcosa che avrebbe voluto realizzare per la sua città, che però a causa di problemi economici o burocratici pensa che non riuscirà a portare a compimento?
Dieci anni possono sembrare tanti, ma se rapportati ai tempi della pubblica amministrazione sono un tempo veramente limitato. A questo aggiungiamo la complessità di una “macchina comunale” di ampie proporzioni come è quella di una città come la nostra, unita al costo di gestione di una città bella e ricca di strutture importanti e preziose, e vediamo che i limiti imposti dai bilanci e dalle regole collegate, restringono molto le possibilità di realizzare grandi interventi. Da qui la necessità di fare delle scelte, con l’ovvia conclusione di lasciare qualcuno già scontento in partenza. Però è innegabile che di cose ne abbiamo fatte tante e alcune veramente importanti, come è innegabile che alcune di quelle che avevamo ipotizzato non potranno essere portate a compimento. Questo ovviamente sarà un mio rammarico, ma sono certo che poi il tempo sarà il vero metro di valutazione.
E quale pensa che sia invece un risultato ottenuto che lei immagina resterà nel tempo?
Io credo che poi, alla fine, saranno i cittadini a dare questo giudizio. È certo che l’aver organizzato il mondiale di ciclismo sarà un qualcosa che resterà nella storia cittadina e negli annali dello sport, ma se parliamo di cose concrete, cioè opere, ad esempio la trasformazione della piazza principale, oggi allegra e luminosa, passata da essere un semplice crocevia a luogo d’incontri e di vita, credo che sia un segno tangibile del nostro intervento, al pari dell’acquisizione al patrimonio cittadino della pineta del parco termale. Un intervento costoso ma con un’evidente ricaduta positiva sulla qualità della vita di coloro che frequentano la nostra città. Ripeto però che saranno i cittadini a fare con il tempo la valutazione finale.
Giuseppe Bellandi è anche il Presidente dell’Associazione Città Storiche Termali Europee (EHTTA). Qual è in poche parole il ruolo di questa istituzione e qual è la ricaduta positiva sulla città?
Ammetto di aver forse mancato un poco nel far capire quale sia il vero valore di questa associazione e la possibile ricaduta positiva che comporta il farne parte. L’EHTTA è un itinerario culturale tra le città termali del vecchio continente, ufficialmente riconosciuto dal Consiglio d’ Europa. Tanto per fare degli esempi, tra questi percorsi vi è il Cammino di Santiago o la Via Francigena. La particolarità del nostro itinerario è però data dal fatto che ciò che ci unisce non è soltanto una strada, ma una filosofia di vita da seguire. Quella cioè che ha fatto sì che seguendo questo percorso si desse il via al moderno concetto di turismo. Infatti, il passaggio successivo che hanno fatto le ricche famiglie di un tempo, è stato quello di andare oltre alle ville poste fuori città dove trascorrere i periodi di vacanza, per recarsi in posti anche molto lontani, dove il valore curativo delle acque era riconosciuto sin dall’antichità. Da qui poi la grande trasformazione urbanistica ma anche culturale che queste città hanno avuto, grazie proprio alla presenza di personaggi ricchi e importanti provenienti da ogni parte del mondo. E Montecatini, a pieno titolo, fa parte di questo circuito che unisce città come Bath, Baden Baden, Spa, Vichy, tanto per citarne qualcuna. E, restando nel tema dei personaggi famosi, non posso non parlare di Giuseppe Verdi che per ben 23 anni ha frequentato le nostre terme. È anche grazie a questa sua presenza che siamo diventati la ville d’eaux italiana, in grado di confrontarsi alla pari con tutto il resto d’Europa. E l’EHTTA della quale sono ormai da sei anni il Presidente, grazie anche alle nuove tecnologie informatiche, può portare a conoscenza di tutti le proprietà curative specifiche delle nostre acque e la nostra offerta anche culturale rispetto a ciò che io chiamo la filosofia del buon vivere. La nostra offerta d’arte, di cultura, di musica; il nostro paesaggio urbano e la bellezza dei luoghi anche limitrofi a noi, hanno, sempre ovviamente a mio parere, la stessa funzione curativa per lo spirito che hanno, rispetto al corpo, le acque che escono dai nostri stabilimenti termali. Concludo ricordando quello di cui ho parlato poc’anzi e cioè l’impegno dell’EHTTA di tentare di portare le città storiche termali a far parte del patrimonio dell’UNESCO, con l’evidente positività su tutta la città che questo comporterebbe.
Torniamo a parlare del suo privato. Lei ha due figli. Come riesce a coniugare le sue molteplici attività con l’essere genitore?
Ed ecco che un velo di tristezza traspare prima dai suoi occhi e poi nella sua voce mentre risponde: Male – ammette seccamente. – E devo ringraziare mia moglie che per tutto il mio percorso, prima lavorativo e poi politico, ha saputo donare, pur lavorando, molto più di me il suo spazio e il suo tempo alla famiglia e ai figli. Ne abbiamo due, ormai grandi e a questi si sono con il tempo aggiunti tre nipoti. E ammetto di essere molto orgoglioso di tutti loro e di ciò che hanno saputo realizzare. Forse questo significa che sia io, pur con le mie assenze, che mia moglie, abbiamo saputo trasmettere loro quei valori che abbiamo ricevuto in dono dai nostri rispettivi genitori.
E sua moglie, come riesce a “sopportare” questo suo ruolo pubblico che inevitabilmente la terrà impegnato in maniera quasi continua?
Mia moglie non ama essere abbinata a me soltanto come la moglie del sindaco. Vuole essere ciò che è, e anche se ovviamente spesso mi segue negli impegni pubblici, rifugge dall’apparire. Lei vuole essere soltanto Rosanna, ed è giusto che sia così. Però devo ammettere che il suo aiuto è costante e mi giunge in mille altri modi diversi dal recitare un ruolo. Per quello basto e avanzo io – conclude ridendo.
Lei è sindaco di Montecatini Terme da nove anni ed è quasi al termine del suo secondo mandato. Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Cosa farò da grande? – mi chiede a sua volta. – Per prima cosa porterò con me questa esperienza durissima e bellissima. Poi, dato che sono uno che non si accontenta, utilizzerò il tempo che avrò a disposizione per fare alcune delle cose che sinora non ho potuto fare. Senza dimenticare però la mia età. Diciamo che vorrei stare adesso maggiormente con la mia famiglia e vivere in uno modo un poco più… slow. – E il discorso sembrerebbe chiuso qua, se lui, dopo un profondo sospiro e una sorta di velo di dolore negli occhi, non proseguisse – Questo è un mio grande desiderio, aumentato anche da alcuni brutti momenti legati alla mia salute, che recentemente ho dovuto affrontare. Invecchiare è un fatto normale, ma pur sapendolo nessuno si pone mai dei limiti temporali. Se invece questi sono messi in discussione da un male imprevisto e imprevedibile, si arriva a toccare più facilmente con mano i valori veri che devono guidarci. E tra questi al primo posto per me c’è la famiglia.
Dopo questa esperienza di amministratore, e dato che lei è in pensione, cosa pensa che le mancherà maggiormente: il ruolo di sindaco o il suo lavoro in ospedale e il rapporto con i suoi pazienti?
Il rapporto con i miei pazienti è stato in parte sostituito dal ruolo di sindaco e da tutti i conseguenti impegni che questo si è portato dietro. Sono stati però entrambi uniti dal rapporto diretto con la gente che ho potuto comunque conservare e che sono certo conserverò. Inoltre potrei ad esempio dedicare parte del mio tempo a una ONG, per insegnare agli altri quello che era il mio mestiere di medico e mantenermi così legato alla mia voglia di stare con e tra la gente.
In ultimo una domanda classica: lei aveva un sogno nel cassetto? E pensa di averlo se non realizzato almeno avvicinato?
Sospira, riflette un istante e sicuro risponde: Grazie a Dio, di sogni ne ho sempre avuti tanti e tanti ne ho ancora, come del resto ho tanti dubbi, ma questo fa parte della vita. Ciò che però sogno veramente, ben sapendo che è un qualcosa che accomuna molti, è quello della pace. Rispetto invece a me, il mio sogno è quello di sperare di essere stato capito, perché il fatto contrario è una delle più grandi delusioni alle quali possiamo andare incontro. In ogni caso, non di illusioni, ma di sogni e coi sogni io vivo tutt’ora e spero di continuare a farlo ancora a lungo.
Esco dall’incontro molto soddisfatto, non tanto per aver fatto il mio lavoro, ma per aver incontrato una persona che, almeno per quanto ho potuto capire dalla nostra chiacchierata, possiede veramente dei valori morali importanti. E proprio mentre scendo lo scalone mi rendo conto persino del perché, poco prima, mi immaginavo di aver già incontrato Giuseppe Bellandi: esattamente a metà dello scalone che sto scendendo, poggiato su un alto cavalletto, troneggia un ritratto di Giuseppe Verdi. Mi fermo a osservarlo e scopro che tra lui e il mio intervistato, cappello a parte, la somiglianza è davvero notevole. E qui non posso proprio esimermi dal sorriderne divertito.
Enrico Miniati
- Giuseppe Verdi
- Giuseppe Bellandi