
Intervista a un Sindaco: Alessandro Tomasi
2 Ottobre 2018
Alessandra Vannetti e il suo sogno realizzato
10 Ottobre 2018«È un lavoro duro e pieno zeppo di sacrifici» – mi dice Paola e poi aggiunge con un sorriso – «senza il cuore non si fa».
Paola è un’operatrice in una RSA dove molti ospiti sono ammalati di Alzheimer, fa il suo lavoro per poco più di mille euro al mese, spicciolo più spicciolo meno, il suo operato presuppone una immensa sensibilità, una grande preparazione professionale e un’attitudine a sopportare situazioni, sovente, intollerabili per chicchessia.
È un lavoro che ha molto di un apostolato, ci vuole carattere, costanza e grande forza interiore per prendersi cura, giorno dopo giorno, di una persona che ha dimenticato il mondo, la vita, sé stessa.
Purtroppo oggi consideriamo poco e male questa patologia e non ci rendiamo conto degli sviluppi futuri che essa sicuramente avrà. Purtroppo la demenza è tabù, si tende a nasconderla, si vivono i rapporti numerici delle associazioni come gelidi calcoli dei quali, proprio perché spaventosi, siamo abituati a dubitare.
Le statistiche dicono che questa sindrome colpisce senza distinzioni di nazionalità, etnia, livello sociale o di sesso, anche se le donne sembrano le più colpite. In generale la malattia si presenta sopra i 65-70 anni, ma ci sono casi di persone che si ammalano anche prima dei 50 anni; la frequenza della patologia va comunque ad aumentare con l’alzarsi dell’età.
Per molte ragioni, non ultima la mancanza di test diagnostici specifici e affidabili, è difficile fornire dati precisi come avviene per altre malattie. La diagnosi certa per appurare l’Alzheimer è possibile solo attraverso l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, quindi effettuando, quando necessario, un’autopsia dopo la morte del paziente.
Questo significa che durante il decorso della malattia si può fare solo una valutazione di Alzheimer ‘possibile’ o ‘probabile’, sollevando dubbi continui sulla diagnosi.
Sulla base di studi condotti in Italia, Giappone, Gran Bretagna e Olanda, si stima che il numero di malati oscilla dal 4,1 all’8,4 per cento delle persone con più di 65 anni. Oggi in Italia i malati di Alzheimer sono circa 600 mila, si prevede, però, che il loro numero raddoppierà nel 2020.
È necessario prepararsi perché i costi del morbo di Alzheimer e delle altre forme di demenza continuano ad aumentare giorno dopo giorno. Purtroppo non esistono ancora farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano solo a contenerne, in modo molto blando i sintomi.
Il carico che questa malattia rappresenta per il sistema socio-assistenziale è sempre più rilevante e in continua crescita, sta diventando un vero e proprio incubo, in più non siamo riusciti a mettere in piedi alcun servizio specializzato nella Sanità Pubblica in grado di dare una valida risposta alle disperate domande delle famiglie colpite.
Questo genere di situazione porta migliaia di persone anziane e meno anziane a vivere nella più totale dipendenza dalla famiglia: dipendenza pratica, economica, affettiva, psicologica. Per il nucleo familiare è un peso devastante, incomprensibile per chi non lo vive sulla propria pelle.
Ci si sveglia pensando alla malattia, si vive la giornata in funzione della malattia, ci si corica la sera con in testa la malattia e il pensiero di un domani uguale all’oggi che è appena passato. E poi c’è il senso profondo dell’impotenza, la consapevolezza di un’impotenza mista a non riuscire a credere e realizzare che veramente sia successo e che quella sia la malattia che ha colpito i tuoi affetti.
È un’attesa che non ha fine, senza speranza, ogni giorno un passettino, peccato che sia un passettino indietro e non avanti. Un altro aspetto che non va sottovalutato è quello che colpisce i rapporti interpersonali dei familiari all’interno e all’esterno del proprio nucleo. All’interno perché la situazione di disagio, spesso porta chi la subisce ad avere posizioni contrastanti nell’organizzare la gestione della stessa. All’esterno perché i familiari tendono a nascondere ciò che li ha colpiti vivendolo sovente in maniera irrazionale e sviluppando un senso di vergogna per ciò che è successo.
Lorenzo Bagnoli di Redattore sociale (agenzia giornalistica dedicata al disagio e all’impegno sociale) afferma: “… l’Organizzazione mondiale della sanità chiede maggiore coinvolgimento delle persone con demenza nelle comunità locali, più sostegno ed educazione di parenti e volontari, il miglioramento della qualità dell’assistenza e della formazione dei medici di base, lo stimolo dei governi a istituire piani nazionali per l’Alzheimer e un miglioramento qualitativo della ricerca”
In Italia ancora non esiste un piano nazionale per migliorare la vita quotidiana dei malati e dei loro familiari. Paesi vicino a noi come Francia e Gran Bretagna hanno programmato e sviluppato da tempo iniziative concrete. Noi, invece, ancora non siamo riusciti a fare niente se non quello di affidarsi alla buona volontà e alla disponibilità di Associazioni e Gruppi Onlus che fortunatamente esistono. C’è da dire però che, in base alla situazione familiare del malato questo non basta e la sistemazione del congiunto presso una RSA (Residenza Sanitaria Assistita) adeguata oppure l’assunzione di una badante diventa un passaggio obbligato.
A questo punto si apre un ulteriore capitolo, quello dei costi da sostenere, inimmaginabili e insopportabili per le famiglie. È ora che lo Stato prenda in serissima considerazione questa tremenda patologia, sia per le ricadute che, in futuro avrà sulla spesa sociale, sia perché essa sta crescendo in maniera esponenziale e a ritmi vertiginosi.
Alla RSA Paola ha iniziato da poco il suo turno di notte, mi saluta sorridendo e si avvia verso le camere, verso il dolore. Ha occhi belli Paola, verdi e tristi, quel colore contrasta con il suono della voce dei malati che ripetono frasi senza senso. La vedo allontanarsi in silenzio, lungo la corsia. I malati dell’oblio l’aspettano. Per loro il libro della vita ha solo pagine bianche.
Alessandro Orlando
Oggi
ancora una volta
ho spiato mia madre
da sola in cucina
si impegna a spiegare alle ombre
qualcosa, qualcuno,
forse a un sogno
i suoi sogni.
Si accorge di me,
dolcemente sorrido
e rimango in silenzio.
Immobile.
Sospeso nell’attimo algido.
Per tempi infiniti mi illudo
e invece ritorna
colpo secco nell’aria,
temuta e pretesa domanda:
“Chi sei?”
(Anonimo- poesia tratta dal libro “Chi sei?” Storie di speranze rubate – Interviste e Racconti sull’Alzheimer – Ed. Atelier -2014)