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6 Ottobre 2018Alessandro Tomasi. Alla ricerca del “chi è?” il Sindaco di Pistoia.
Pistoia è un posto dove si vive bene. Ha un bellissimo centro storico, è sufficientemente grande per essere “città” e sufficientemente piccola per essere un “paesone”. A Pistoia amano dire che tra loro si conoscono quasi tutti, e forse anche questo è vero. E a Pistoia, se passi da Piazza Duomo, è facilissimo sentirsi salutare da decine di persone. E non di rado capita che una di queste sia il nuovo Sindaco Alessandro Tomasi, il quale, da grande comunicatore qual è, ben volentieri si ferma a parlare con chi incontra, esattamente come ha fatto con me. È dunque in questo modo che è nata l’idea di questa intervista. «Però non parliamo di politica» gli ho detto «perché quella per cui scrivo è una rivista che non se ne occupa. A noi interessa molto di più l’aspetto umano dei personaggi». «Conosco la vostra rivista» mi ha risposto. «La faccio ben volentieri. Chiama in ufficio e ci mettiamo d’accordo».
E, dato che siamo a Pistoia, semplicissimo è risultato anche ottenere la possibilità di incontrarlo e di intervistarlo. Sarà che vivere in una città come questa rende le cose generalmente più semplici; sarà che ho avuto la fortuna di riuscire a infilarmi in un “buco” libero nella sua agenda degli appuntamenti; oppure sarà (e questa è la versione che preferisco) che la rivista che rappresento è riuscita in brevissimo tempo a ritagliarsi uno spazio talmente importante nel panorama giornalistico locale che neanche il Sindaco ha saputo/voluto dire di no.
Ed eccomi qua, accompagnato dal mio ‘collega’ Enrico Miniati, comodamente seduto nello studio del Sindaco, attorno ad un tavolo rotondo, in compagnia di Alessandro Tomasi.
Affabile, cortese, sorridente e disponibile, rompe immediatamente quegli inevitabili attimi di imbarazzo che aleggiavano su di noi, invitandoci a darci del “tu”. «Così siamo tutti più a nostro agio» dice. «E magari» continua «anche l’intervista, scrivila senza tanti formalismi. Insomma, se lo ritieni opportuno puoi togliere il “lei, il signor Sindaco” e chiamarmi semplicemente con il mio nome. Insomma, decidi te».
E io ho deciso di fare esattamente così. Lui, in fin dei conti è “soltanto” un Sindaco…
Una volta che lo “liberiamo” della parte politica del personaggio, chi è Alessandro Tomasi? Parlami brevemente di te. Da dove vieni, cosa hai fatto nella vita, che lavoro facevi prima di diventare Sindaco?
Sembra quasi sorpreso da questa domanda. Probabilmente si aspettava qualcosa di molto più “politico”, poi, sicuro di sé, risponde immediatamente: «Cosa sono impegnato a fare oltre la politica? Direi principalmente il padre, come del resto fanno tutti quelli che hanno dei figli. Io ne ho due e pur essendo consapevole che farlo bene non è facile, ci provo. E sono talmente convinto di quanto ti dico, che cerco sempre di non giudicare mai le scelte che vengono fatte nelle famiglie. Cosa facevo prima? Lavoravo nell’azienda di famiglia, un forno in Piazza San Francesco che possiamo ormai definire “storico”, dato che esiste da circa quaranta anni. Collaboravo con i miei genitori, mio fratello e una dipendente che non esito a definire con affetto “storica” anch’essa, dato che ricordo di averla sempre vista a fianco dei miei familiari. Stavo nel forno, come ti ho detto, e, pur impegnato in quell’attività, ho trovato la maniera di studiare laureandomi in Scienze Politiche. In tutto questo si è inserita la passione per la politica che, a partire dalle scuole superiori, non mi ha più abbandonato».
Quindi sei una persona che definiremmo “normale”, che svolge pero un’attività molto particolare: da un anno sei il Sindaco di una città importante come Pistoia. Come si concilia il tuo impegno di amministratore con la vita di tutti i giorni?
«Si concilia imparando nel tempo a utilizzare il tempo. Ti premetto che io sono molto orgoglioso di fare ciò che sto facendo adesso e, tornando all’utilizzo del tempo, essendo uno a cui piace stare in mezzo alla gente, mi rendo conto che anche quando sono ad esempio al parco con i bambini, mi è impossibile non dare ascolto a chi, riconoscendomi, si ferma a parlare con me. È ovvio che il mio modo di stare con la famiglia è adesso giocoforza diverso; credo tuttavia che l’importante sia comunque cercare di non far pesare su mia moglie e i miei figli questo mio ruolo. Aggiungo che oltre a impormi io di stare con loro, molto devo a mia moglie che è quella che riesce a tenere unita la famiglia, vuoi per il suo lavoro, vuoi per la sua determinazione. Ci sono cose nella vita, come ad esempio vedere i piccoli progressi quasi quotidiani dei bambini, che credo che non si debbano perdere, dato che niente poi è recuperabile».
Tu sei innegabilmente una persona che sa parlare con la gente. Da cosa deriva questa tua capacità?
Sorride, perché questa francamente è una domanda decisamente “facile”, anche se tenta di bleffare sminuendo quello che è stato indubbiamente uno dei suoi più grandi meriti nel corso dell’ultima campagna elettorale «Tu dici? Non so cosa rispondere. Forse mi deriva dall’aver fatto parte sin da giovanissimo del mondo del lavoro per via della mia famiglia. Poi, sin da quando ho iniziato a far politica, sono sempre stato in mezzo alla gente e questo, oltre a piacermi, è un fatto che mi incuriosisce. Capire le dinamiche delle persone e dei quartieri dove vivono, e confrontarmi con tutto questo, credo che sia un qualcosa di unico».
Alessandro Tomasi e i personaggi della notte. Tu sei laureato, ma non hai esitato a seguire il mestiere dei tuoi genitori, abbracciando una professione decisamente faticosa, non solo per gli orari. Hai fatto per anni il fornaio, quindi lavorando prevalentemente di notte. Parlaci un poco di questo aspetto particolare della città e dei personaggi che popolano la notte pistoiese.
«Intanto è bella l’atmosfera della città di notte. Alzarsi alle tre e girarla quando è vuota è bellissimo. Poi, nel fine settimana, io iniziavo quando i ragazzi che la vivono di notte “smontavano”. Inoltre impari gli orari della notte. Ad esempio quando apre una pasticceria o un bar dove fare una buona prima colazione e nei quali incontrare sia chi iniziava come me a lavorare, sia chi per abitudine è solito dormire poco. Quindi trovi i fornai, i fruttivendoli, chi gira con gli automezzi per ripulire la città, eccetera. E con quasi tutti nasce una sorta di solidarietà, quasi complicità, dettata dall’essere lì mentre tutti gli altri dormono. È stato per questo che io mi sono trovato, forse tra i primi, a rendermi conto di quanto stava accadendo in quella tristemente famosa nottata del marzo 2015 quando la città fu sconvolta dalla tempesta di acqua e vento ed io rimasi bloccato in via Desideri dagli alberi abbattuti. Ormai quel mio periodo sta diventando un ricordo, però ti confesso che le immagini della città quando sta per svegliarsi e dei suoi personaggi che la vivono anche di notte sono ancora oggi un qualcosa di veramente piacevole».
Pistoia è stata amministrata per molti decenni dal centro sinistra. E questo ovviamente ha avuto anche delle conseguenze nel tessuto sociale e produttivo della città. Qual è stato l’impatto di un Sindaco di centro destra con questa realtà? E quali sono state le reazioni a questa novità politica che tu rappresenti?
“Finalmente una domanda sulla politica» sembra quasi dire mentre mi risponde «Spero che sia stato quello di innescare nella città e nelle sue componenti il concetto del meccanismo di alternanza, tale da far capire che niente può mai essere dato per scontato, specialmente in politica, dove ciò che secondo me deve contare sono le idee sul tipo di città che intendi realizzare e non i pregiudizi ideologici novecenteschi. Per me contano la persona, le idee che vuole rappresentare e i risultati che alla fine ottiene. Ecco, credo che un grande risultato sia già stato raggiunto con quell’alternanza di cui ti parlavo. Ovviamente cercherò di riconfermarmi anche la prossima volta, ma credimi, non è questo che conta per Alessandro Tomasi. Riguardo alle componenti cittadine, è scontato che un cambio così drastico nella politica locale abbia creato un forte impatto e una notevole aspettativa rispetto a cosa avrebbe voluto dire la destra al governo cittadino. Adesso mi accorgo che dopo esserci “preso le misure”, da ambo le parti il rapporto è sereno, a volte anche naturalmente scontroso dato che ognuno deve giocare il proprio ruolo e fare, come si usa dire, i propri interessi. Tutto sommato direi che il clima è positivo».
Proseguiamo con la politica. O meglio, con la visione politica della Giunta che tu rappresenti. Pistoia è stata la Capitale Italiana della Cultura. Tu, appena insediato, hai voluto ricoprire anche la carica di Assessore alla Cultura, proprio per poter seguire direttamente l’ultimo periodo che ancora le rimaneva quale “Capitale”. Anche se questo ruolo della città rimane soltanto un piacevole ricordo, tu mantieni ancora questa carica. Perché? E ha dei progetti particolari per la politica culturale della città?
Immaginavo, facendo questa domanda, che la risposta sarebbe stata lunga e articolata, e questo sospetto diventa certezza, quando, prima di iniziare, lo vedo prendere fiato, quasi sapesse che stava per partire con un lunghissimo discorso. Ed infatti…
«Dovrò per forza essere un poco lungo per poterti rispondere. Ho deciso di ricoprire quella carica perché ero convinto che in quel frangente particolare il Sindaco fosse la persona più adatta per intrattenere i rapporti con tutte le componenti che, assieme all’Amministrazione Comunale, partecipavano all’organizzazione di questo evento. Parlo ad esempio della Curia, della Fondazione Caripit, e di tutti coloro che avevano iniziato quel particolare percorso. Ritenevo e ne sono tutt’ora convinto, che la figura del Sindaco fosse la più adatta per concludere quel cammino iniziato già da tempo, tenendo conto anche del fatto che la mia elezione ha costituito quello strappo di cui abbiamo già parlato in precedenza. Detto questo e chiusa quella fase, ho deciso di continuare a tenere per me la carica di Assessore alla Cultura, perché, oltre ad appassionarmi, mi ha permesso di dare inizio a un percorso di analisi e complessiva riorganizzazione del mondo della cultura pistoiese. In che termini dici? Ad esempio riattivando come abbiamo fatto il “tavolo strategico della cultura” che è la fotocopia di quello che ha gestito Pistoia Capitale della Cultura. Il Coordinatore sarà Giuseppe Gherpelli con la carica di Project Manager affiancato da una piccola struttura organizzativa formata da dipendenti comunali e spero della Provincia. Il loro compito sarà quello di predisporre una sorta di secondo dossier su quelle che dovranno essere le priorità e le strategie sulla cultura, che orienti per i prossimi anni le scelte in questo settore così importante anche per l’economia cittadina. Questo anche per evitare la dispersione di risorse che spesso vede i soggetti principali quali Comune e Fondazione, “tirati per la giacchetta” da mille richieste. E tutto questo è già partito. Altra questione è la visione complessiva del capitolo cultura all’interno del Comune. Partendo dal dato di fatto che l’Amministrazione è compartecipe in tantissime realtà culturali, noi abbiamo iniziato una revisione complessiva, iniziando dalla domanda: sono strategiche o no? Ovviamente per avere una risposta, questa discussione deve essere fatta con la Fondazione, che come noi è compartecipe in molte di esse, mentre ad esempio la Provincia è venuta meno anche in termini di finanziamento. Siamo partiti da quelle più piccole quali il Cissa e il Centro Mauro Bolognini, associazioni piccole, ma importanti per il loro nome, il prestigio e la loro storia. Sono state riconfermate, modificandone però lo statuto. Abbiamo ricomposto il consiglio di amministrazione del Bolognini e riportato la governance del Cissa a Pistoia. Andando avanti, abbiamo riformato lo statuto dell’Associazione Teatrale Pistoiese, cosa che andava fatta da anni, facendo diventare soci fondatori la Fondazione e Comune. Gherpelli ha accettato di diventarne Presidente e abbiamo previsto all’interno dell’apparato gestionale la nuova figura di un Responsabile Generale da selezionare tramite avviso pubblico e al quale vorremmo affidare lo sviluppo strategico di tutta l’Associazione Teatrale Pistoiese che deve allargarsi a tutta la provincia, erogare servizi anche per gli altri comuni, reperire finanziamenti dai privati, allargare le proprie prospettive oltre il teatro e penso ad esempio alla musica e alla ricerca di nuovi luoghi funzionali alla attività della Associazione. Seguendo la logica di cui ho appena parlato, proseguiremo su tutto il resto, dalla Fondazione Marini a quella Iorio Vivarelli, che necessita anch’essa di una revisione dello statuto. Questo progetto comporta ovviamente una redistribuzione delle risorse economiche che saranno destinate prioritariamente verso quello a cui più teniamo e, come ho detto all’inizio di questo lungo discorso, su ciò che riterremmo in ogni caso più strategico».
A questo punto Tomasi, accortosi di essere “stato lungo”, si interrompe, per poi riprendere immediatamente: «Scusami per la lunghezza del discorso» mi dice «ma ciò di cui ti ho sinora parlato riguarda cose e situazioni alle quali da moltissimo non veniva messo mano e quindi ci tenevo a parlartene. Ovviamente a tutto questo si affiancherà ovviamente la conduzione ordinaria dell’attività culturale comunale, da gestire compatibilmente con quelle che saranno le risorse economiche disponibili. Ti anticipo che la biblioteca San Giorgio punterà ancora sull’”Anno che verrà”, iniziativa che chiama gli editori a presentare il loro libro di punta per l’anno successivo. A questo si aggiunge un “Festival dell’Editoria Locale” che si svilupperà presso la biblioteca Forteguerriana e che vedrà la sua prima edizione proprio questo settembre. Questi saranno i due grandi avvenimenti delle nostre biblioteche. Per quanto riguarda invece Palazzo Fabroni, si partirà con due mostre importanti, una su Gerardo Paletti e l’altra sarà invece un omaggio a Buscioni».
Lasciamo perdere per un attimo il tuo ruolo politico e parliamo invece della tua vita privata. Tu sei sposato con una ragazza che hai conosciuto quando eravate giovanissimi e che da sempre ti segue in questa tua passione politica. Ci puoi dire qualcosa di lei?
«Ci siamo conosciuti a vent’anni, allo stadio, nella curva nord, che come me anche lei frequentava. Dopo otto anni ci siamo sposati, e ancora mi sopporta anche in questa mia “malattia” che è la politica. È una persona tenace, con due lauree e un master, e parla già di voler prendere la terza laurea. Lavora, cosa che fa da sempre, e ovviamente fa la madre. Come forse sanno fare tutte le madri, rispetto a me sa “tenere il punto” con i nostri due figli e devo riconoscerle che sa essere veramente molto attenta rispetto alla loro educazione. Ovviamente non ha solo cose positive – continua a raccontarmi ridendo, mentre inconsciamente ci scambiamo uno sguardo complice che sembra voler dire: ”tra noi uomini ci capiamo” – lei sa essere anche una gran… diciamo che è testarda. Quando prende una cosa di punta va avanti sino a quando non ci sbatte la testa. Probabilmente sarà per via del suo segno zodiacale. Non si occupa direttamente di politica, anche se mi ha seguito in modo appassionato nella mia ultima campagna elettorale».
Rimanendo nel privato. Tu hai fatto un matrimonio “particolare”. Ti sei sposato coinvolgendo un intero paese: Calamecca. Mi racconti qualcosa di quel giorno?
«Io sono cresciuto lassù, a Calamecca, un posto tra l’altro bellissimo. Quando con mia moglie abbiamo iniziato a parlare del matrimonio, assieme abbiamo stabilito che quello che si fa solitamente in questi casi – pranzi e cene in grandi ville – non ci piaceva. Quindi, dopo il matrimonio celebrato in Comune a Villa di Scornio, ci siamo trasferiti a Calamecca, dove, sulla strada principale del paese, avevamo organizzato la festa, con banchetti con porchetta, ribollita, zuppa eccetera. Il tutto realizzato grazie ai nostri tantissimi amici che, dalla cucina al servizio ai tavoli, hanno veramente dato il meglio di loro. Il gran finale è stata poi una bellissima spaghettata sulla piazza del paese, preparata dal gestore del bar, alla quale hanno partecipato veramente in tanti».
Tuo nonno era socialista. Tu sei invece legato a un mondo politico di destra. È una contraddizione oppure ci vedi un legame tra queste due visioni che non sono soltanto politiche?
«Assolutamente nessuna contraddizione, perché all’interno della destra, io ho sempre fatto parte di quella corrente politica che è la “destra sociale”, tanto da essere definito “di sinistra” dagli avversari interni. Riguardo poi al socialismo di mio nonno, ti confesso che ne condivido molte impostazioni ideali in termini di giustizia sociale e di aiuto verso i più bisognosi. Che sono poi i temi sui quali mi sono maggiormente concentrato quando sono diventato per la prima volta consigliere comunale. Il “sociale”, le case popolari e l’emergenza abitativa, tanto per dirtene qualcuno. Sicuramente deriva da lui, quel rametto socialista che qualcuno mi imputa di avere e che ha influenzato la mia collocazione all’interno della destra. Io credo che coniugare gli ideali di giustizia sociale con quelli propri della destra fatti di legalità, di giustizia, di ordine inteso nel senso positivo del termine, possa veramente essere quella che un tempo si definiva “la terza via.”.
Alessandro Tomasi e lo sport. Mi hai appena detto che hai conosciuto tua moglie allo stadio. Anche il matrimonio e la vita in due sono spesso un qualcosa di estremamente faticoso, specialmente se come terzo incomodo c’è una posizione ingombrante come il “mestiere di sindaco”. Riuscite ancora a trovare il tempo per andarci allo stadio?
«Certamente. Ci andiamo spesso, portandoci anche i ragazzi. Oltre a piacermi il calcio come sport, allo stadio riesco, anzi riusciamo, a rivivere vecchie emozioni e ritrovare amici i con i quali, in nome della Pistoiese, abbiamo fatto migliaia di chilometri a seguito della squadra, vissuto vere e proprie avventure e fatto grandi bischerate. Con amici e amiche sono conseguentemente nati anche legami che non esito a definire indissolubili. Nella curva nord si viveva in una dinamica molto simile a quella che esiste nei luoghi di aggregazione giovanile. Lì si annullavano le differenze di età, di ceto, di etnia. L’appartenenza era al gruppo, ai suoi riti sulle tribune, alle coreografie, ai viaggi. Non esistevano figli di imprenditori o di poveri; bianchi o neri, eccetera; tutto era improntato alla massima solidarietà ed amicizia. Dico era, perché oggi mi rendo conto che anche quel mondo presenta qualche sofferenza.
Il mondo del lavoro e la famiglia. So che tu sei molto legato alla figura di tua madre, anche come esempio di vita e non soltanto per una questione di affetti familiari. Mi parli un poco di lei e di cosa ti ha trasmesso?
«Andando avanti con l’età, mi rendo conto che riesco a distinguere ciò che mi ha trasmesso mia madre e ciò che ha fatto mio padre. A conti fatti ho appurato che questo è veramente un saldo alla pari. Lei, come del resto il babbo, sono più di 50 anni che lavora, la gran parte dei quali passati alzandosi alle due di notte. Ecco, io credo che sia proprio attraverso gli atti concreti quello che più ti viene trasmesso dai genitori. E nel mondo del lavoro sono proprio i piccoli gesti ripetuti quelli che contano molto più delle parole. Gesti e insegnamenti quali ad esempio quello del babbo che era solito ripetere che tutto ciò che serviva doveva essere acquistato nel “borgo” per una sorta di solidarietà tra le persone che vi vivevano. E lo stesso è avvenuto ad esempio per i nostri fornitori, che sono da più di trenta anni sempre i soliti, perché verso di loro i miei genitori hanno sempre conservato una sorta di debito di riconoscenza per chi li ha sostenuti quando, non avendone neanche i mezzi, aprirono quella loro attività. Per loro vale più questo di un eventuale minor prezzo fatto da un nuovo fornitore. Stesso atteggiamento hanno sempre tenuto con i loro dipendenti, i quali stavano sempre avanti a quelle che potevano essere le cose “secondarie” della vita come ad esempio spendere i soldi per le vacanze. Questo penso che sia veramente quello che di importante mi hanno trasmesso.
In chiusura, toglimi una curiosità: Qual era il tuo sogno di bambino? Ovviamente immagino non quello di diventare Sindaco.
«Mi hanno già fatto questa domanda, e anche a te confesso che non avevo sogni da bambino che mi hanno influenzato. O almeno non ne ricordo alcuno. Ricordo però che a 13 anni ho fatto la tessera per il Fronte della Gioventù, che tra l’altro il babbo mi strappò immediatamente, e che da allora ho maturato l’idea di seguire la politica. Non ho mai sognato di fare che so, il dottore o l’astronauta, mentre invece sin da quel momento di cui ti ho parlato, ho sempre avuto il gusto della politica. Diciamo allora che la mia grande passione è sempre stata questa».
E oggi che, ancora giovanissimo, sei un politico affermato, qual è il tuo prossimo punto di arrivo?
«Non lo so, non ci penso mai. Politicamente io credo di aver già raggiunto il massimo. Essere il Sindaco della mia città è un qualcosa che per me non ha prezzo. Questa è la carica amministrativa più difficile e logorante che immagino possa esserci, e lo dico senza nulla togliere a chi poi è stato chiamato a svolgere compiti molto più alti. Immagina poi cosa possa voler dire per uno come me che ha fatto sempre politica in un ruolo d’opposizione. Ammetto che anche se finisse domani, lo farebbe in un modo sereno, perché non mi pongo altri obbiettivi. Adesso sono concentrato sui prossimi quattro anni che ancora mi restano come Sindaco, e li vivo con l’ansia di chi vuole vedere cosa nascerà da quanto ha seminato. Al resto penseremo dopo».
Si chiude qui questa lunga chiacchierata con il Sindaco di Pistoia. A me, come ho accennato in apertura, interessava conoscere molto più la persona che non il politico e con questa intervista spero di essere riuscito a scoprire qualcosa di questo aspetto di Alessandro Tomasi.
Alessandro Orlando