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Esistono lavori che tutto possono essere tranne che emozionanti; ed è risaputo che quello dell’impiegato sicuramente non è da annoverare tra quelli che riempiono le giornate di adrenalina. Però, dato che non sempre ciò che vediamo è l’esatta rappresentazione della realtà, oggi, seguendo due temi (l’estate e la ricerca di personaggi che definiremmo “normali” ma che hanno in realtà molto da dire), ho intervistato Stefano Fantacci, un “signore qualunque” che, se avrete la pazienza di seguirmi, scoprirete essere invece pieno di sorprese.
Come luogo in cui fare la nostra intervista abbiamo optato per la sua casa e inizia proprio da qui la scoperta del personaggio, perché, nonostante in questo momento io mi trovi in un appartamento posto in un normalissimo palazzo nei dintorni dello stadio, quello in cui sono entrato sembra essere in realtà un perfetto esempio di studio d’architettura d’interni d’avanguardia, tra l’altro perfettamente riuscito.
«Merito di mia moglie» ci tiene a precisare lui notando il mio stupore.
«Dunque Stefano, parlami un poco di te».
«Non c’è molto da dire» sembra volersi schermire lui «come sai io lavoro in Comune da tantissimi anni. Attualmente sono all’Ufficio Statistica».
«E poi? Io lo so che non è tutto».
«Ho fatto il sindacalista per tanto tempo – forse troppo – aggiunge con un velo di tristezza nella voce – mi occupo di sicurezza sui luoghi del lavoro e amo pescare. In questo, senza falsa modestia, devo ammettere di essere veramente bravo» conclude mostrandomi delle riviste specializzate nelle quali vi sono intere pagine che parlano di lui.
«E poi?» continuo a incalzarlo.
«E poi saltuariamente faccio il pompiere» risponde alla fine senza dare troppo peso a quest’ultima affermazione.
«Quindi tu sei un Ausiliario dei Vigili del Fuoco? Un vero pompiere dunque? Perciò è questo il tuo segreto?».
«Non è un vero segreto, perché in effetti tutti coloro che mi conoscono lo sanno. E poi è tutto ufficiale. Di quando in quando il Ministero dell’Interno chiama gli “Ausiliari” per ricoprire le temporanee carenze nell’organico dei Vigili del Fuoco. Siamo volontari, è vero, però pagati e ovviamente in quel periodo non riceviamo lo stipendio dal nostro principale datore di lavoro. Scrivilo per favore, perché in questo mondo dove tutto viene travisato…».
«Tu dunque indossi la divisa, vesti l’elmetto e partecipi alle azioni proprio come fanno i pompieri di ruolo?».
«Esatto. Quando mi chiamano lascio il mio lavoro e divento un Vigile Discontinuo Volontario. Un pompiere, in parole povere».
«Perché proprio questa scelta così speciale? E come ti è venuta questa idea? E come si diventa un pompiere volontario?».
«Quante domande! Partiamo dall’ultima. Si diventa un “discontinuo” dopo aver seguito un apposito corso di preparazione. Roba seria però, dato che non è un gioco fare il vigile del fuoco. Come mi è venuta l’idea e perché? Non lo so neanche io con precisione quale è stata la molla. Che ne pensi se ti rispondo che forse è perché io credo che nella vita si debbano sempre inseguire i propri sogni?».
«Lasciamo perdere per un attimo i pompieri e torniamo al tuo vero lavoro, che da quanto mi hai raccontato non è così… avventuroso. Dopo aver vissuto la parte del vigile del fuoco, come riesci a tornare alla… normalità?».
«Ammetto che non sempre è facile, specialmente quando mi è capitato in quella “nuova vita” di affrontare qualche prova particolarmente difficile. E lo sai una cosa?» continua a rispondermi ponendo però lui le domande «quando rientro in ufficio quello che più mi manca è il senso di fratellanza che vige all’interno del Corpo. Una squadra di vigili è formata da cinque elementi che tra loro si chiamano e si considerano fratelli. Ecco, è questo che è difficile da ritrovare, nonostante gli ottimi rapporti che io ho con tutti i colleghi del Comune».
«E i tuoi familiari come vedono questa tua… stupenda follia? Mi hai detto che hai moglie e figli. Quindi immagino che per loro tu sia un vero eroe. Non so tua moglie, ma da quanto mi risulta tutti i ragazzi amano i pompieri».
«Mia moglie mi dice che… sono matto» risponde Stefano ridendo di gusto «ma anche lei “ama i pompieri”, o almeno spero che ne ami uno soltanto» continua, «mentre i miei figli sono entusiasti di quanto faccio e quando ritorno a casa dopo un turno, devo per forza raccontare per filo e per segno cosa è mi successo. Quanto al perché i bambini, almeno quelli pistoiesi, amano così tanto i pompieri la risposta è semplice».
«Semplice?»
«Ma certo dai, pensaci un pochinino. Noi siamo amati dai bambini perché i pompieri pistoiesi sono grandissimi amici della Befana che ogni anno viene a trovarci, finendo però inevitabilmente per restare impigliata sulla punta del campanile del Duomo, costringendoci così a intervenire per liberarla».
«Senti Stefano, tu la metti facile e ad ascoltarti sembra che quanto mi stai dicendo sia una cosa da niente. Noi tutti sappiamo invece che non è così. Hai qualche avventura o un’azione particolare da raccontarci?».
«Ammetto che fare il pompiere non è una cosa semplice, anche perché il fuoco è soltanto uno degli elementi sui quali noi operiamo. Non a caso il Corpo dei Vigili del Fuoco è formato da elementi specializzatissimi. Senza citare i grandissimi eventi quali ad esempio i terremoti, sono moltissimi i nostri campi di intervento. Si va dagli incidenti stradali dove magari occorre liberare degli sfortunati rimasti imprigionati tra le lamiere dei mezzi coinvolti, alla ricerca di dispersi nei boschi, al recupero di escursionisti in pericolo, e giù a cascata fino alle cantine allagate, alle porte rimaste chiuse e al classico gatto da recuperare dalla cima di un albero. Storie da raccontare dici? Tantissime, ma preferisco non parlarne, perché quelle più vere hanno purtroppo sempre dei risultati tragici. Una cosa voglio dirtela però: sempre, qualsiasi cosa facciamo, quello che ci ripaga dalla fatica e dal rischio corso sono gli occhi della gente. In quelli c’è il nostro premio. E hai ragione a dire che siamo amati. O almeno quegli sguardi lo fanno capire più di milioni di parole».
«Siamo quasi in fondo. Calati adesso nei panni del pompiere. È estate e il caldo impazza. E assieme al caldo, purtroppo, anche gli incendi. Ti senti di dire qualcosa ai nostri lettori?».
«Soltanto le stesse cose che si sentono dire da sempre: col fuoco non si scherza. Mai. E in particolar modo in estate, quando è facilissimo che il fuoco “scappi”. Quindi, dato che il fenomeno della autocombustione quasi non esiste, ne consegue che gran parte degli incendi hanno sempre una causa, ed è negli uomini che va cercata la quasi totalità di quelle cause. E non parlo soltanto degli incendi dolosi. In ogni caso, se vedete quello che credete possa essere un principio d’incendio, avvisate la centrale e spiegate cosa avete visto. Il personale è preparato per dare ogni risposta».
«In chiusura, toglimi una curiosità: Qual era il tuo sogno di bambino? E senti di averlo in qualche modo realizzato?».
«Ho già risposto a questa domanda quando mi hai chiesto perché faccio il pompiere volontario. Ancora oggi inseguo e vivo il mio sogno di bambino. Anzi, quando mi chiamano ci finisco proprio dentro, anima e corpo. E in quel cadere il sogno continua e spero che duri a lungo, perché in fondo siamo tutti dei bambini e l’hai detto prima te: i bambini amano i pompieri».
Enrico Miniati