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28 Luglio 2018
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2 Agosto 2018Recco in provincia di Genova è il comune della riviera ligure dove si svolgerà il “Festival noir della Riviera” e dove il giorno 8 agosto sarà presentata l’ultima fatica letteraria dello scrittore Alessandro Maurizi
Lavoro difficile quello dello scrittore Alessandro Maurizi, perché scrivere di abusi sessuali sui minori, di intrecci massonici, di intrighi politici e di sete di potere all’interno della Chiesa di Roma, è un esercizio da fare con delicatezza, che non deve cadere mai nella meschinità e che va portato avanti anche con molta onestà intellettuale.
Questa regola vale ancor maggiormente quando si tratta di scrivere un romanzo giallo, una storia inventata che racconta eventi ignobili e ripugnanti.
Maurizi è riuscito a trattare il tema della pedofilia, tante volte toccato anche dall’attuale Pontefice, in maniera semplice, scomponendo psicologicamente alcuni aspetti dell’animo umano. Ne viene fuori non solo una storia che sovente coinvolge il lettore ma che fornisce anche molti spunti per riflettere sulla capacità dell’uomo di provocare il male e il dolore.
L’autore, che è un Sovrintendente Capo della Polizia di Stato, ha trattato con competenza e dovizia di particolari come nasce e si sviluppa un’inchiesta giudiziaria, quali sono gli ostacoli che incontra, le emozioni e le difficoltà alle quali è soggetto chi la conduce. Nessuno escluso. Maurizi indaga con acume il carattere, la personalità e la coscienza di ogni singolo protagonista.
Quella che si narra nel libro “Roma e i figli del Male”(F.lli Frilli Editori 2018)” è la storia di un’indagine condotta da Manuel Castigliego, commissario italo-spagnolo della Squadra Mobile di Roma. Castigliego è un poliziotto scrupoloso e dotato di grande senso del dovere. Complessa la figura di questo commissario, persona intelligente che si confronta spesso con il proprio passato, che rifiuta ogni legame sentimentale e analizza, come in una sorta di auto-psicanalisi, il proprio operato, mettendolo sempre in relazione con la propria coscienza.
Si tratta di indagare su un alto prelato che pratica esorcismi e che si macchia, insieme ad un altro monsignore, di delitti osceni come quelli di abusare di alcuni bambini fatti adottare in Brasile. Durante il corso dell’indagine viene appurato il coinvolgimento di altre figure dalla mente deviata e dai comportamenti perversi: un parroco compiacente e un diacono che aspira, senza riuscirci, ad essere ordinato sacerdote.
Non solo alcune delle stesse vittime diventano complici e carnefici ma lentamente emerge una rete di connivenze politiche, economiche e religiose inimmaginabili. Ci sono personaggi ambiziosi disposti a tutto per accrescere il proprio potere, la loro smania diventa incontenibile crescendo di ora in ora, forte anche del fatto che il vecchio papa sta morendo. Le stesse sorti della successione e del nuovo papato sono in pericolo.
Castigliego con l’aiuto dell’arcivescovo francescano Delfo Furiesi, vero uomo di Dio, e del pubblico ministero Sveva Goldoni, una magistrata assillata dalla ricerca della verità, cerca di impedire che ciò avvenga.
Se è vero che nel testo si percepisce una caparbia ricerca delle ragioni del Male, è anche vero che essa non da’ alcun risultato perché del Male non va cercata una ragione, esso va semplicemente accettato come si accetta il Bene.
Possiamo esorcizzarlo però, parlandone e facendolo emergere. Combatterlo, anche quando sembra che tutto venga vanificato da un imprevisto, diventa un dovere. La società nella quale viviamo tende a contestualizzare o a nascondere e a coprire anziché denunciare, per buonismo, per indifferenza, per apatia o addirittura per non essere coinvolti in fatti che non ci riguardano.
Nel libro di Maurizi il Male è difficilmente individuabile perché ha partorito dei figli dall’aspetto mellifluo e ingannevole. Purtroppo per Castigliego si manifesta quando gli abusi e gli orrori sono già stati consumati. Esso ha già generato dolore, un dolore non solo fisico ma che diventa anche un dolore morale e questo avviene non solo per i protagonisti ma anche per i lettori.
L’autore però, con profonda convinzione, si muove scrivendo il romanzo come se componesse uno spartito musicale dove molti pezzi rendono meno cruda la storia e ne addolciscono il contenuto. In punta di penna.
Ne esce una sinfonia che raggiunge il suo culmine quando, attraverso il pensiero dell’arcivescovo Furiesi, l’autore vuole lanciare un messaggio di fiducia al lettore. Delfo Furiesi, in una pagina molto toccante, ci rassicura con questo pensiero: “Dio non aveva posto l’uomo sulla terra per vivere, soffrire e morire, senza una speranza. Dio è onnipotente] … [e non condanna all’inferno se l’uomo non rifiuta l’amore. Non importava che Satana avesse fatto ingresso in Vaticano, l’oceano della Sua misericordia si sarebbe sempre posto tra l’ultimo respiro dell’uomo e le fiamme dell’inferno”. È questo ciò che afferma l’arcivescovo francescano e che facciamo nostro come un mantra.
Questo inciso diventa meraviglioso minimo promemoria di quello che Alessandro Maurizi ci ha raccontato, ma anche fonte inesauribile di riflessioni e punto di partenza di quanto rimane ancora da dire.
(Alessandro Orlando)