Osservatore Oscuro di Barbara Baraldi (Giunti Editore)
16 Giugno 2018“La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock
5 Luglio 2018Sprazzi di memorie, come un fiume che apparentemente scorre tranquillo in una Parigi del dopoguerra, ma sovente diventa impetuoso nella spiegazione del pensiero talmudico e nella descrizione della vita quotidiana dei reduci dei campi di sterminio nazisti. Sono ebrei arrivati da ogni parte d’Europa, decisi a stabilirsi in quella città che, nonostante le distruzioni della guerra e un periodo iniziale di miseria nera, sta attraversando una condizione di boom economico simile a quella tedesca o italiana.
C’è grande fermento culturale unito alla voglia e all’orgoglio di ricostruire un paese. “La valigia quasi vuota” della casa editrice Garzanti è uno degli ultimi lavori da scrittore dello studioso di ermeneutica biblica e del pensiero ebraico Haim Baharier. Esso racchiude in 143 pagine un mondo di ricordi del periodo d’infanzia dell’autore ma non solo. Si racconta di una Parigi degli anni 50 e di una Milano odierna, ma anche di viaggi in molte altre città del mondo in un rincorrersi continuo tra passato e presente.
Si inizia a leggere lasciandoci coinvolgere dal quotidiano vivere e dalla miriade di figure che fanno da base alla storia riempiendo la fanciullezza del piccolo Haim. I reduci sopravvissuti alla Shoah, i compagni di scuola violenti e antisemiti, i precettori tra i quali un sarto studioso del Talmud, l’intransigente governante bretone, le preghiere dello Shabbat nel Tempio, il padre e la madre dove la figura paterna riscatta la propria condizione di sopravvissuto allo sterminio con la normalità di una vita spesa nel lavoro, la piccola impresa familiare che diventerà grande e importante nel giro di pochi anni, l’amore per la famiglia e l’osservanza severa della Legge talmudica.
Giriamo una pagina credendo di avere a che fare con un episodio d’infanzia dell’autore ed ecco che ci troviamo di fronte alla spiegazione di un difficile un passo della Torà, analizziamo con attenzione il significato di un precetto ed ecco che finiamo per seguire la descrizione di un pomeriggio trascorso a passeggiare lungo la Senna.
Haim, il cui significato in ebraico vuol dire “uomo pieno di vita”, in quegli anni assimila ed elabora tutto e su quel tutto incombe in maniera incessante la figura di un uomo misterioso, uno strano barbone, che veste un cappotto nero, logoro e maleodorante: Monsieur Chouchani.
L’uomo, dall’aspetto molto simile ad un clochard, conosce alla perfezione decine e decine di lingue, possiede una mente onnisciente, è colto fino all’impossibile, tanto che viene ritenuto in grado di continuare senza difficoltà la lezione interrotta di qualsiasi professore universitario, fare diagnosi mediche perfette, dialogare alla pari con grandi Maestri degli studi rabbinici. Sembra che ogni branca dello scibile umano si sia incarnata in quell’uomo che appare e scompare nella Parigi del dopoguerra.
Chouchani fa della già piccolissima casa nel quartiere del Marais, dove vivono Haim e suo fratello più piccolo insieme ai genitori, il punto d’appoggio per le sue brevi permanenze. Arriva inaspettato, in compagnia della sua valigia senza età, tenuta chiusa da uno spago. E’ avaro di parole, ma in poche frasi esprime i concetti fondamentali della Legge, non sempre comprensibili all’istante. Chouchani sembra spesso non concludere le sue analisi quasi a voler stimolare il pensiero altrui. Insegnamenti non facilmente accessibili per la mente del piccolo Haim, ma che si riveleranno fondamentali per la sua formazione di studioso.
Questa pubblicazione, a mio avviso non facilmente catalogabile in un settore preciso di letteratura, è anche un po’ un’autobiografia, ma non solo, è anche romanzo, un saggio, è la minuziosa interpretazione di alcuni passi del Pentateuco. Così il fiume continua a scorrere, rapisce, stimola alla riflessione e all’analisi scrupolosa dei concetti e degli eventi, li sviscera, li discute, ne trae impensabili ed improbabili conclusioni. Verso la fine del libro Haim si confida e narra di come ha avuto inizio il suo percorso di comunicatore e di come sua figlia lo ha aiutato in questo, spiega il concetto di “claudicanza”, termine da lui coniato che sta a significare la capacità di rimpicciolirsi senza per questo diminuirsi, la capacità di fare un passo indietro e avvicinarsi alle sorgenti inviolate della vita in continuo precario equilibrio, la capacità di rimanere noi stessi in un mondo che ci vorrebbe diversi e omologati ad esso.
Claudicanza, cioè qualcosa di instabile che riguarda tutti noi ma che è sinonimo di forza e non di debolezza. Le ultime quattro pagine racconteranno i momenti dell’apertura dell’enigmatica valigia di Chouchani e ne sveleranno finalmente il contenuto. Forse il risultato finale non è proprio quello che Haim Baharier si era proposto di fare nello scrivere questo libro, forse voleva scrivere un romanzo, forse voleva raccontare una storia.
L’esegeta non è riuscito pienamente nell’intento, la forza della memoria e la sua straordinaria competenza hanno fatto sì che il risultato del suo lavoro fosse molto, molto più di un avvincente romanzo, molto, molto più di una suggestiva storia.